31 dicembre 2012

Senza ideologie non c'è politica, ma solo marketing e cerone

Quant'è bella l'ideologia, che affratella gli sconosciuti, e che li rende non amici, ne parenti, ma compagni, che trasforma al primo tocco degli sconosciuti in compagni di lotta.

E quant'è bella la politica asservita a questi precetti, e quanto è invece patetica la sedicente politica, la tuttologia praticata dei partiti politici delle post ideologie.

Senza ideologia la politica sfiorisce nel marketing, nella mercificazione, nei venditori, politicanti e ruffiani,  nella danza di accoppiamento, la seduzione per un voto, il forzismo della logica del cerone.

Faine, che sviano dalla Politica verso le panciste ed elementari regole della figura, quella del giovane opposto al vecchio, della donna contro l'uomo, del ricco contro il povero, che sottraggono gli ideali dall'occhio di bue della critica comune, per sedere al loro posto, meramente. Se non è prostituzione questa! povero chi gli da il suo voto.

Mentre invece l'ideologia è immortale, e l'uomo ne è schiavo fin dal suo primo respiro. Si può provare ad insabbiarla con la mimica elettoralista, ma lei riaffiora in seguito, eterea e senza peso, elevandosi sopra a ciascuna votazione politica di ogni consiglio istituzionale.

E la percepiamo, quando emerge, a favore o contro l'oggetto in dibattimento, indistinta dagli schieramenti della post ideologia, dimostrando contestualmente la potenza ideologica e la sconfitta dei post ideologismi.

E trasversalmente rispetto alla sede del proprio scranno, che sia a sinistra, al centro o a destra dell'emicliclo post ideologico, osserveremo il sedicente post ideologista storcere la bocca, incrociare le braccia, fino ad infervorarsi e sbattere i propri pugni sul tavolo, mentre su di se avverte netti i morsi dei propri ideali.

hashtag
#politica
Fonte

@andreapetrocchi

25 dicembre 2012

Il grande albero, le piccole asce

Bob Marley in un concerto nel 1980
Bob Marley (fonte foto Wikipedia)

«Anche un neonato che strilla perché ha fame è politica.»
La linea di demarcazione che separa il diritto dal favore è sottile come un crine di cavallo. E' una frontiera, terra di conquista, sottoposta fin dalla notte dei tempi ai quotidiani bombardamenti degli eserciti dei reazionari ed alla guerriglia dei progressisti (quelli di fatto).

Questi scambi avvengono sotto traccia, carsicamente, l'esercito controlla i media, la comanda è che su certi temi l'uomo della strada vada ovattato al massimo.

La frontiera è una zona mobile, non scorre linearmente da un secondo a un altro, non procede in avanti, è invece un non luogo dinamico, costantemente mollato o riavvolto, riconquistato e perso.

Anche se nel breve periodo sono molte le battaglie vinte dagli eserciti dei reazionari, la piega di questa guerra è comunque già stata presa ai suoi primordi e tende verso la libertà ed il diritto. Lo dico riflettendo sui diritti sociali e civili via via riconosciuti durante il cammino compiuto da questa nostra nostra umanità.

Nulla può fermare il progresso! chi si è frapposto allo svilupparsi di questa dinamica ha sempre raccolto al massimo un rallentamento.
«Non so con quali armi sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma so che la quarta sarà combattuta con una clava.» (Frase attribuita ad Albert Einstein)
Credo di conoscere gli attori della terza guerra mondiale, non si tratterà di una guerra fra popoli, non sarà una guerra convenzionale. Sarà piuttosto la sfida che "Il Popolo", il villaggio globale interconnesso, liberato dai paraocchi della informazione asimmetrica, lancerà alle maschere del capitale (come lo furono Hitler, Franco, Mussolini e più tardi Pinochet, o i "presidenti a vita" nordafricani), quei personaggi pubblici che si prestano a frenare il progresso, individualisti reazionari avidi di fama e prestigio, e a questo fine asserviti al capitale. Tramite questi portavoce operano quelle aziende multinazionali che non intendono abdicare alle relative rendite consumistiche garantite da lustri di disinformazione.

Mi spiego meglio con un esempio, uno a caso:

Prendiamo il Ministero della Difesa, acquistare mezzi da guerra in tempo di pace (per noi) e di recessione economica non potrebbe dirsi un fatto di politica, perché è ovvio che tutta Italia preferirebbe stornare altrove i 118 milioni di dollari necessari per l'acquisto di un aereo caccia a decollo verticale Lockheed Martin F-35 Lightning II (ne hanno ordinati novanta).

Qualsiasi italiano mentalmente sano stornerebbe quei soldi, tasse nostre, per sistemare i plessi scolastici laddove molte scuole in Italia (e non soltanto al sud) non hanno neanche i requisiti minimi di sicurezza, e i nostri figli stanno sotto a quei tetti per cinque ore al giorno cinque giorni alla settimana, e la statistica è una bestiaccia. Oppure preferirebbe spenderli per migliorare i servizi sanitari, o per cancellare le liste degli asili, o chessò, in giochi all'aria aperta, o in nuove infrastrutture per avvicinare le città, oppure per finanziare la trasformazione dei favori in diritti, sul posto di lavoro, ad esempio, per riuscire a stare più tempo coi propri figli, ad esempio.

Ciascun italiano ha la propria ricetta, ma nessuno avalla ciò che equivale a gettare alle rondini l'iperbolica cifra di 18 miliardi di dollari. E infatti siamo stati in molti a sollevarci contro questa spesa, ma la nostra onda si è infranta ed è defluita sulla mole granitica del nostro esecutivo, che non ha fatto una piega e non ha derogato a questa follia.

Questi diritti sono tanto scontati da non poter appartenere alla politica, non sarebbero dibattibili perchè al netto dei mandanti e dei mandatari reazionari non si potrebbe trovare una contro parte. Questi diritti divengono politica quando il personaggio pubblico, spinto da dietro, dai lobbisti ed in ultima istanza dal capitale, si siede su quella sedia vuota ed inizia a fare il lavoro per il capitale.
«Al modificarsi degli eventi io cambio il mio modo di pensare.» (John Maynard Keynes)
La tecnologia, le nostre interconnessioni, i social network finiranno per migliorare il nostro potenziale, come reagiranno a quel punto i reazionari, quando l'onda si farà breccia nella loro diga? quando la pubblica opinione costringerà i politici a derogare agli impegni presi?
«Loro sono il grande albero ma noi siamo le piccole asce.» (Bob Marley)
Quando i reazionari cesseranno di distorcere il diritto, quando la politica, la buona politica, ucciderà se stessa su quella linea di demarcazione, tessendo i dibattimenti, filo dopo filo, nelle decisioni e trasformando i favori in diritto, allora questi fatti cesseranno di essere il terreno di scontro per divenire i diritti acquisiti dai popoli della Terra. A quel momento la battaglia sarà conclusa.

hashtag
#politica

Fonte

@andreapetrocchi

20 dicembre 2012

Siamo cambiati?

"Domenica Live" del 16/12/2012
Barbara d'Urso intervista Silvio Berlusconi

Il modo in cui Berlusconi sta portando avanti la propria candidatura alle prossime elezioni è senza dubbio fra i più politicamente scorretti e subdoli mai visti.

Colpa della distorsione che caratterizza le ultime due decadi della nostra politica, degli ovvi benefici ottenibili dal consentire ad un singolo azionista il controllo di tre delle sette emittenti televisive nazionali, potendone influenzare altre tre con le lottizzazioni politiche della televisione pubblica, ma anche, e qui sta il nodo gordiano del capitalismo nostrale, dalla assoluta mancanza di contrappesi apposti allo strapotere economico dei nostri capitalisti, che col peso del loro capitale riescono a piegare a piacimento tutte le sottostanti fasce della popolazione.

Non è un caso che l'ottuagenario abbia preso da alcuni giorni a manifestarsi sulle emittenti Mediaset, tatticamente durante i programmi più seguiti, intervistato dai propri dipendenti, tornando così a premere sulle tempie di quella fascia della popolazione che per età o relativa apertura mentale è ancora in pieno effetto Matrix e sottomette convinta il proprio voto agli interessi personali, giudiziari ed economici del noto personaggio.

Per la sgualcita figura politica di Berlusconi questa forma di controllo mediatico è rimasta l'ultima carta da giocare, e sicuramente avrà in mano proiezioni che testimoniano il guadagno ricavabile da questa ignobile forzatura, rendiconto che, passate le prossime politiche, egli conta di trasformare nel proseguimento della propria impunità.

Agli italiani il compito di dimostrare il contrario, ci riusciranno?

Due riflessioni, al netto delle vecchiette imbolsite, delle fan di Beautiful e dei faccendieri di ventura, sarà rimasto qualche italiano mentalmente sano ancora deciso a votare Pdl viste queste pantomime? E poi: questa ennesima discesa in campo di quanto eroderà la performance del candidato forte di centro destra?

Riusciremo mai a dotarci del tanto sospirato contrappeso da apporre allo strapotere mediatico dei tycoon (locali ed esteri, vedi il discorso sui decoder di Sky) che scorrazzano come Attila l'unno attraverso l'etere nazionale? Taglieremo mai il suddetto nodo, liberandoci così da questi vessatori, per porre in nostro Paese al livello dell'Europa più avanzata, dove i mass media privati sono liberi dal guinzaglio del padrone grazie all'obbligo ad un azionariato diffuso?

Concludo riproponendo quanto sosteneva Indro Montanelli, che vedeva la figura pubblica di Berlusconi come una sorta di virus, sostenendo che per la società italiana l'unico vaccino disponibile in grado di debellare questa nefasta influenza era tastare con mano gli effetti della sua politica.

I tempi cambiano, e la nostra società avanza, prosegue lenta il proprio cammino verso il raggiungimento della parità dei diritti, fra questi anche il diritto a godere di una informazione simmetrica.

A che punto siamo? Ci siamo vaccinati al batterio B.? La conclusione delle prossime politiche risponderà a questa importante domanda.

hashtag

Fonte
#Berlusconi

@andreapetrocchi

19 dicembre 2012

Endorsement


Quale partito farà da spalla alla candidatura di Mario Monti per prossime politiche? in realtà questa è una falsa domanda, perché una risposta ce l'abbiamo già da qualche giorno.

La replica di Monti allo sgambetto con cui Pdl ha fatto cadere il presente esecutivo e il conseguente pressing europeo sulla candidatura Monti ci presenta un'interessante prospettiva: La partita elettorale per le prossime politiche è divenuta qui da noi il terreno di coltura sul quale si sta sperimentando l'Europa futura. Si tratta infatti di un salutarissimo passaggio di peso politico fra quanto visto fino ad oggi, con i Partiti europei formati da un coagulo più o meno fedele dei rispettivi mandamenti locali, a una candidatura forte appoggiata direttamente dal Ppe, partito europeo di centro destra, in opposizione alla proiezione locale di questo stesso Partito, appunto il Pdl.

Poi finirà come finirà, ma la lista che sosterrà la candidatura di Mario Monti alle prossime politiche sarà comunque un'entità subalterna al Ppe. E questa per me che sono un europeista convinto è una gran bella novità.

hashtag
#politica

Fonte

@andreapetrocchi

16 dicembre 2012

Come sono andati a finire i miei atti sul Wi-Fi, sugli abbattimenti degli alberi e sullo sversamento di liquami alla Terrazza Mascagni

Consiglio di circoscrizione lo scorso giovedì, fra gli altri abbiamo discusso i tre atti depositati dal sottoscritto.

Il primo atto era un'interpellanza, mossa da alcuni articoli sulla stampa locale, chiedevo se esistesse un triangolo fra un componente della giunta comunale, l'azienda di questo e l'appaltatore dei lavori per la realizzazione della rete Wi-Fi nel parco pubblico di villa Fabbricotti. Risposta del presidente sentito l'assessore: i lavori saranno appaltati a fine gennaio. Sarà quindi mia premura riproporre la cosa, passando ovviamente anche dalla camera di commercio per vedere i soci dell'aggiudicatario. 19/11/2013 il bando è stato vinto da Tiscali, azienda terza alle parti in causa.

Il secondo atto riguardava gli abbattimenti degli alberi di viale Nazario Sauro e nel parco pubblico di Villa Fabbricotti, chiedevo se il Comune si rivende la legna rinveniente, risposta dell'ufficio verde pubblico: No. Comunque carta canta, scriverò inoltre un nuovo atto chiedendo di ripiantare almeno gli alberi abbattuti.

Il terzo atto chiedeva al Consiglio di votare una mozione per sollecitare l'amministrazione comunale a velocizzare i lavori per sistemare la fognatura che scorre fra la Terrazza Mascagni ed i bagni Pancaldi, che sversa continuamente in mare. Negli anni si sono interessate di questo problema le ultime tre legislature, e siamo sempre fermi al punto di partenza. Il dibattito parte col tentativo di affossamento del Presidente, che intendeva bypassare la votazione facendo venire a riferire in aula i tecnici interessati, tentativo ribattuto da una mia eccezione con la quale mi felicitavo per la pianificazione dell'incontro, chiedendo però di votare comunque la mia mozione. Appoggio di Sel, è il momento di un consigliere del Pd, che sbotta dicendosi contrario al voto perché di questo atto io ne sono solamente un portavoce (ho voluto informare il consiglio che l'atto me lo sono fatto scrivere democraticamente dai miei concittadini che nella bella stagione balneano alla Terrazza). Intervento di un altro consigliere Pd (partito granitico!) che precisa che sull'atto la firma l'ho messa comunque io. Nuovo intervento del consigliere "cattivo", nell'atto si parla dell'ad di una partecipata, a questo punto, ritenendo l'appiglio marginale mi sono auto-emendato l'atto togliendo la frase oggetto della nuova critica del collega. Si va al voto, la mozione passa all'unanimità. Andrà come andrà, la circoscrizione ha fatto il suo lavoro, adesso sta agli uffici tecnici comunali dimostrare di lavorare per la comunità, c'è un atto che lo chiede.

hashtag
#Livorno

Fonte

@andreapetrocchi

15 dicembre 2012

Il razzismo come conseguenza del lobbying politico delle organizzazioni criminali

A quelli che quando viene pizzicato un rumeno o un nord africano sbottano che questa gente dovrebbe tornarsene a casa loro io rispondo che l'Italia è il prototipo delle organizzazioni criminali che si sono fatte Stato (la mafia, la camorra e non solo) e che in Italia la legge è uguale per tutti, anche se fatta nell'interesse di qualcuno, e che quel rumeno, quel nord africano, che compie il reato, magari anche per fame (ah i bisogni primari, aiuterebbe la nostra coesione sociale percepirli nuovamente nei nostri stomaci, anche solo per un giorno?) è gente che comunque sbaglia ed è giusto che paghi come paga un italiano, ed è pacifico che comunque alla fine non paga mai nessuno, perché dopo pochi giorni li vedi di nuovo a giro, proprio perché è la legge ad essere uguale per tutti e lo Stato non può distinguere fra il povero immigrato e il ricco mafioso, ed è perché quella legge è stata realizzata nell'interesse di "qualcuno" e che il sistema, questo "qualcuno", rivuole la sua merce indietro il prima possibile per proseguire nei propri interessi, e che l'Italia intera è piegata a pagare per questa distorsione della giustizia, dalla vecchietta raggirata, alla donna scippata, al cassiere rapinato, tutti versiamo il nostro tributo alla criminalità, non a quella straniera, alla nostrale, a quella che s'è fatta Stato e che si fa le leggi per i propri tornaconto. Tutti noi stiamo pagando per il fatto che in Italia il crimine paga, perché alla fine se ti senti impunito è perché se ti beccano stai due giorni al fresco e poi sei di nuovo in libertà. Da questo punto di vista dare la colpa al criminale vuol dire usare la pancia invece del cervello, significa capire solamente la parte emersa del problema, che è di una semplicità prescolare: in Italia ci è proibito punire i delinquenti.

hashtag
#immigrazione

Fonte

@andreapetrocchi


10 dicembre 2012

Il Caso Report, Di Pietro e la macchina del fango

Antonio Di Pietro e Milena Gabanelli

Ah, la cronaca, quanta disillusione, quella politica poi, son tutti casi creati ad arte.

Ripensavo all'affaire Gabanelli-Di Pietro, c'è una strana concomitanza di tempi fra la puntata di Report sugli investimenti immobiliari del noto politico e l'inizio della raccolta delle firme sui quattro referendum proposti dall'IdV, partita alcuni giorni prima.

Insomma, ho qualche dubbio sulla tempistica dell'uscita di Report, potrebbe essersi trattato di un tentativo, per altro riuscitissimo, di screditare l'Italia dei Valori agli occhi degli italiani, per fiaccarne la corsa referendaria.

Me lo confermano le vecchie magagne dipeitresche oggetto del sedicente scoop gabanelliano, che s'è limitato a togliere dall'armadio vecchi scheletri arcinoti, tutti casi che peraltro avevano già fatto cronaca negli anni passati.

Insomma pare trattarsi di un ennesimo ricorso alla macchina del fango, utilizzata questa volta per tentare di bloccare un ricorso popolare contrario ai populistici intendimenti di questa reazionaria legislatura.

Ma perché i referendum di Di Pietro fanno paura? analizziamo la cosa nei dettagli:

I cosiddetti quesiti anticastisti, il primo sulla abolizione dei rimborsi elettorali ai partiti e il secondo sulla abolizione della diaria parlamentare, possono aver tolto il sonno a qualche deputato, ma non turbano i grandi tecnocrati della economia italiana.

secondi due questiti invece, quelli che tentano di abrogare le manovre liberiste sui diritti dei lavoratori, sono affettivamente in grado di minare la manovra di bilanciamento dei conti operata dal presente governo.

E' quindi possibile che la saetta che ha folgorato Di Pietro sulla via di Vasto, luogo dove è stata registrata l'intervista di Report, sia stata telegrafata in modo bipartisan dai Palazzi romani.

Analizzando la questione in contro luce emerge nitido oltre la filigrana del moscoso Di Pietro il seppuku della Gabanelli, che derogando alla simmetria informativa che ha caratterizzato tutta una carriera sacrifica la propria autorevolezza per colpire l'Idv, l'unico Partito rimasto a non cantare nel coro di Palazzo Chigi e del Quirinale.

hashtag
#IdVStaff

Fonte

@andreapetrocchi

7 dicembre 2012

Ken Loach: Il capitalismo ha bisogno dei disoccupati

Ken Loach, fonte foto Wikipedia
Interessante uscita di Ken Loach ribattuta da Il Fatto in questo articolo del cinque dicembre:
« Più il capitalismo si sviluppa più cresce la disoccupazione, perché le multinazionali hanno bisogno di disoccupati per tenere bassi i salari.»
Quindi la disoccupazione sarebbe l'ennesima sinistra deviazione del saggio di profitto?

Quindi milioni di persone sono tenute volutamente ai margini del mondo del lavoro per risulta dell'arrotondamento di un plusvalore privato?

Sono domande molto pesanti, che se confermate schiarirebbero una nuova vetta del capitalismo, evoluzione assecondata dalla piaggeria della politica liberista, che mai come oggi preme contro il diritto dei lavoratori. Il tutto contestualizzato nell'oscurantismo dei media, che ci riempiono la bocca di inutilità evitando di farci riflettere su questi aspetti fondamentali.

Comunque niente paura, ci pensa "Ken il rosso" a fare informazione, e su questa tesi tanto suggestiva spero di trovare presto gli approfondimenti necessari.

hashtag
#KenLoach
#CantiereSinistra

Fonte

@andreapetrocchi

5 dicembre 2012

Il saggio di profitto e il plusvalore

Calato il brusio della cronaca su queste tristi primarie della personificazione della politica, dove orde di gonzi hanno dato il peggio correndo a contendersi i cartelloni patinati di due tipi che altro non avevano da offrire se non i loro stessi sorrisi, senza aver dietro nemmeno uno straccio di programma (orrore, poveri noi, torneremo tutti quadrumani), finito ciò dicevo possiamo tornare a parlare di politica.


Per i fan del sistema economico comunista la caduta tendenziale del saggio di profitto porterà il sistema capitalistico al paradosso di un numero bassissimo di capitalisti che sfrutta l'intero genere umano. Secondo me la china è nitidamente osservabile almeno fin dai tempi di Reagan, mentre il movimento We Are the 99% del 2011 ne è una tardiva e contingente presa di coscienza.

A che serve sapere cos'è il saggio di profitto? E' cosa fondamentale, va saputa, quando ad esempio ci si interroga sul proprio orientamento ideologico, senza questa nozione non è possibile criticare il capitalismo.

Ma che cos'è il saggio di profitto? Segue la definizione:
« E' il rapporto tra il plusvalore e tutto il capitale anticipato, ovvero salari e costi dei macchinari, delle materie prime, dei trasporti ecc.»
Da qui anticipo questo assurdo, utile a capire meglio quanto segue:
« Se il capitalista desse al salariato l’intero prodotto del suo lavoro, non ne avrebbe per sé alcun profitto.»
Nell'impresa capitalistica il plusvalore non è altro che la condensazione dei mille rivoli attraverso i quali il capitalista giustifica la propria esistenza attraverso il profitto, che va inteso non solamente come l'aumento al massimo tollerabile del prezzo di vendita delle proprie merci, ma anche come contrazione massima delle spese di produzione attraverso la compressione dei costi, operata al fine di ottenere merci economicamente competitive rispetto alle aziende competitrici.

Questa contrazione delle spese di produzione, non potendo ricadere sull'acquisto dei macchinari, a loro volta merce, ed allo stesso modo ne sui materiali o sulla energia, ne sui trasporti, ricade obbligatoriamente sui lavoratori divenendo sfruttamento.

Questo sfruttamento si esplica estendendo la giornata lavorativa, oppure abbassando la retribuzione per ora di lavoro, o con una maggiore produzione delle unità di prodotto, o attraverso una maggiore automazione di processi, o una minore sicurezza dei lavoratori, e così via, ammattendo ovviamente anche variabili fra i suddetti stratagemmi.

Il plusvalore è infine quella quota parte di retribuzione tolta ai lavoratori e stornata verso il margine privato del capitalista.

Rende bene l'idea anche quest'ultimo assurdo, trovato da un mio amico sulla quinta di copertina di un tascabile Urania. Siamo nel bel mezzo di un Far West concepito in un mondo senza moneta ne baratto, un indiano va alla stazione di posta per vendere le sue pelli di castoro.

« Quante pelli mi date per queste dieci pelli?» chiede
« Ti diamo sette pelli.» rispondono da dentro.
« Ma come - protesta l'indiano - solo sette pelli? e le altre tre?»
« Sono per noi - ribattono da dentro - sennò qui che ci stiamo a fare!»

Rimuovendo l'assurdo il risultato non muterebbe, nel mondo reale in cambio delle sue pelli di castoro l'indiano riceverebbe del denaro, che sarebbe comunque insufficiente per ricomprarsi la pelli vendute.

La fine di questa ingiusta sperequazione non può essere che la socializzazione della proprietà privata dei mezzi di produzione.

E riguardo le aziende statali? perché l'assenza del profitto del capitalista non si traduce in una minore sopraffazione dei diritti del lavoratore? Domandiamoci allora fin dove abbia debordato il sistema capitalista, e come col tempo mani oscure siano riuscite a trasfigurare questi apparati pubblici, rendendoli molto differenti da com'erano stati istituiti. Un orribile ibrido, generato dal rapporto incestuoso che ha legato lo Stato al plusvalore.

hashtag
#SaggioDiProfitto

Fonte

@andreapetrocchi

2 dicembre 2012

Sulla vivibilità di Livorno

Posto questo mio intervento, pubblicato una quindicina di giorni fa come proposta ai compagni di Partito. La rendo pubblica perché, come spesso accade quando uno scrive una cosa di getto, credo sia emerso cosa mi passa per la testa quando parlo di vivibilità. 

-

Condivido appieno quanto riportato sul documento [...]. Propongo però di focalizzarlo maggiormente sulla vivibilità: non ho letto ad esempio della pedonalizzazione del pentagono del Buontalenti, sempre da quelle parti punterei anche sulla implementazione del verde, se date un'occhiata da google maps all'interno del pentagono non c'è un albero. Propongo in genere di prendere le distanze dall'attuale concezione macchinacentrica della viabilità, sdoganando invece il concetto 20+20+20 (piedi, bici, bus così come scaturito dagli Stati Generali della Bicicletta svolti a ottobre in Emilia). Non ci vuole tanto, specie in centro basterebbe assecondare, dato che oramai ci sono anche le normative adatte, i percorsi in bici con deroga al senso vietato (es: via Roma lato Attias). Parlerei anche di intermodalità, di parcheggi periferici, noleggio e bike sharing (anche elettrico), di piste ciclabili per lo shopping in bici, di percorsi turistici "sociali", potenziando le attrattive che già oggi offre la natura attorno alla nostra città (in Trentino le gite in bicicletta sono diventate una vera industria che richiama turisti da tutta Europa). Tutta roba che c'è già, va soltanto valorizzata. Riguardo i bus, se non è già troppo tardi, potremmo proporre l'abolizione di biglietti e tessere in favore di una tassa comunale, lo hanno già fatto, sempre in Emilia, funziona. Riguardo l'edilizia propongo di inserire lo sbarramento a nuove cementificazioni, al netto delle forme pionieristiche di tipo sociale e ambientalistico. Arriverei fino a proporre l'abbattimento dei beni comunali soggetti a incuria (vedi l'ex caffè Schopenhauer in via degli asili ad esempio) e la realizzazione nel perimetro liberato di piazzette arredate per favorire la socialità dei residenti. Vivibilità è anche lo sport inteso come veicolo sociale, ed ho visto a giro molti esempi interessanti, osmosi sociale intergenerazionale fra file di tavolini che uniscono i bimbi e i loro accompagnatori alle aree gioco attrezzate e gli anziani che giocano a bocce sul lato opposto. Anche qui poca spesa. Oppure sport come veicolo per attrarre sportivi da fuori Livorno, valorizzando i poli velici, oppure evidenziando sul territorio anelli periferici di varie distanze per i corridori, o costruendo pareti attrezzate per chi vuole cimentarsi con l'arrampicata. Sono solo esempi, e costano poco. Vivibilità è anche prendere delle contromisure a degli errori logistici che peggiorano la vita ai livornesi, ad esempio conosco gente (non me) costretta a svegliarsi prima la mattina per evitare la ressa di traffico conseguente all'orario di ingresso di un asilo ed allo sbarramento di traffico conseguentemente creato dalle auto degli accompagnatori dei bimbi. Quando le conseguenze sono tanto incisive sulla vita delle persone credo sia saggio spostare le strutture in altri plessi dotati di parcheggio. E' un esempio. Si potrebbe parlare di implementazione degli asili nido aziendali, di saturazione della domanda sia dei nido che degli asili prescolari, l'eliminazione delle odiose classifiche, ma vado fuori tema. Sintetizzando, e mi scuso se sono stato prolisso, Livorno non ha molto da offrire, ad eccezione della potenziale socialità racchiusa dentro ciascun livornese socialmente sano, e su questo fronte Livorno insegna al mondo intero. L'amministrazione deve guardare a valorizzare questo valore piuttosto che perseguire il profitto americano e la conseguente concezione consumistica della città come luogo drenante dello stipendio.
#Livorno

Fonte

@andreapetrocchi