25 marzo 2013

Altruismo

Credo che i più siano qui perché capiscono che la loro posizione nel mondo è per buona parte una questione di fortuna, e sono qui perchè intendono estendere ad altri quei benefici.

Chi sono gli altri? Chi é stato malato durante una lezione importante, chi ha perso un taxi per un colloquio di lavoro, chi é stato costretto a scegliere ed ha scelto la via sbagliata, chi ha avuto bisogno dello Stato e lo Stato non c'era, chi è stato vittima delle decisioni altrui.

Oppure, allargando lo sguardo, chi non ha avuto la fortuna di nascere nella fertile e pacifica Italia, dove giri un rubinetto ed hai acqua potabile, dove la fame é debellata, e magari é venuto al mondo in una distesa arida di polvere, dove la fame è la norma, nelle zone di guerra.

Molti di noi si sono fatti l'idea di una divinità che ha investito su di loro, così, a scatola chiusa, e gli ha donato una terra da difendere da altri esseri umani, credo non possa esistere nulla di più stupido e allo stesso tempo di più sbagliato.

I credenti non hanno colpe, è il sistema di consuetudini millenarie ad essere colpevole, è facile dare per scontata la bontà di una consuetudine, anche se si tratta di propaganda millenaria, è come mettere un monumento schiavista a emblema della nostra città.

E comunque essere nati italiani e non berberi é stato un caso fortunato.

La sinistra è un insieme eterogeneo, ma dai moderati agli anarchici c'è un elemento che ci accomuna tutti, è l'altruismo, è il tendere verso l'altro, e la nostra politica, per riconoscerla e distinguerla dai sedicenti progressisti, deve percorrere questa strada.

hashtag
#cantieresinistra

Fonte

@andreapetrocchi

22 marzo 2013

Messa est

Io credo che la missione principale della dirigenza di un partito politico sia quella di meritarsi il dividendo di fiducia versato dai propri militanti, quantificato in ore e giorni sottratti agli affetti e stornati verso la causa della parte, chi a volantinare, chi dietro ai banchi delle istituzioni o dei quadri partitici.

La mancanza di questo dividendo preclude sia le feste da festeggiare che le piazze da riempire, perché il prestigio dei vertici è direttamente proporzionale all'impegno con cui viene prestata questa militanza.

Per quanto mi riguarda questo dividendo si é azzerato nel febbraio del 2010, al congresso, fra le claque giunte in autobus, le votazioni per acclamazione e gli insabbiamenti o le edulcorazioni delle mozioni scomode, quelle di Pardi e di Donadi.

Da quel momento, come molti, ho portato avanti una opposizione interna intransigente, personalmente ho materializzato questa protesta ribattendo su questo blog ciascun atto conosciuto compiuto dalla dirigenza del Partito in opposizione alla suddetta questione morale.

L'ho fatto perché ritengo che stigmatizzare pubblicamente certi comportamenti sia un deterrente riguardo episodi futuri, e perché avendo continuato a militare, sgomitando fra i banchi della circoscrizione,  mi sono guadagnato il diritto al mio dividendo, che era una gestione dei vertici consona al mio impegno e alle mie aspettative.

Sono entrato nell'IdV dalla porta principale, che per questo partito é stata quella della società civile, da privato cittadino ho scelto di prestarmi per la causa sollecitata da Di Pietro, che nel 2007 era quella della giustizia e del merito.

Sono passati sei anni, tre dal congresso del 2010, sei anni a misurare la distanza delle parole dai fatti.

"Fate quel che dico, non quel che faccio."

Qualche giorno dopo la famosa puntata di Report con cui la Gabanelli ha ucciso la figura politica del moscoso Di Pietro, il fondatore del Partito é stato invitato in televisione da Santoro, il Partito poteva ancora salvarsi, bastava rimettere il mandato davanti alla platea. Questo non è stato fatto, e per quanto mi riguarda l'IdV è morta quella sera.

Da quel giorno è passato del tempo, ho prima riflettuto, poi nel Partito è arrivato il circo, c'era chi stava col paracadute in mano pronto a lanciarsi su Rivoluzione Civile (come capo lista mascherato) sperando nel superamento dello scoglio, chi rimaneva in refrain, chi pareva tarantolato, chi armi e bagagli tornava da dove era venuto, chi faceva proposte, chi proponeva se stesso, chi voleva traghettare, chi tirava sassi nascondendo la mano, chi, da fuori, entrava in lista alla chetichella, e chi, fra le alghe e le correnti limacciose, continuava a strozzare il nemico interno di sempre come se nulla fosse, cadavere che strozza un altro cadavere dentro a un Titanic da settimane ormai adagiato su un fianco sul fondale dell'oceano.

Se i quadri sono questi allora il partito è finito.

Ho provato a produrre qualcosa di sensato, ho proposto una bozza, qualcosa per ripartire, che è finita come quelle risposte alle domande mai fatte.

Non vedendo un futuro ho deciso di porre fine all'agonia, ho rassegnato le dimissioni dalle cariche del partito ed ho tolto gli ormeggi.

Ho quindi veleggiato in splendida solitudine per una settimana, diretto verso nuovi lidi sospinto dal vento soave della mia esperienza: chi ha a cuore un'ideologia deve evitare i partiti post ideologici, quelli che ti vendono una figu come un ideale, quelli con dentro il personaggio del giorno, ieri il Di Pietro di Mani Pulite, come oggi Grillo. Prestanome, la domanda buona da porsi è "Prestanome di chi?"

Non sarò mai un grillino, perché la politica delle post ideologie è la politica dei partiti trasversali, quelli rinvenienti dalle quattro fette di metà maggioranza e metà opposizione che si gemellano, sono quelli i partiti reali, e a modellarli sono i differenti orientamenti ideologici dei singoli.

L'ideologia è potente, la ignori a colpi di marketing ma basta la prima votazione politica e i partiti si spaccano coma una cucuzza.

Dopo una settimana ho rivisto terra, il bello della politica è che è uno sport che si gioca fino a tarda età. Entrando ho incrociato gli sguardi di Gramsci, di Rosa Luxemburg, di Pertini, "a brigante brigante e mezzo!", mi stavano osservando appesi ai muri. Poi ho strinto le prime mani ed ho iniziato a conoscere i miei compagni, quelli, per dirla con Mario Rigoni Stern, coi quali spezzerò il pane nei prossimi anni, la politica, il quotidiano.

Nessuno di noi può sapere cosa diverrà nel futuro SEL, ma io sono fiducioso, se dimostrerà integrità morale è destinata a divenire l'alveo naturale della sinistra italiana, e quella parte politica di me entrando in quel portone in un misto di ansia, di fiducia e speranza, si è sentita a casa.


Fonte

@andreapetrocchi

3 marzo 2013

Circoscrizione 3 - A Fabbricotti andiamo incontro a una grossa sconfitta sociale

Ho incominciato a perdere il carattere quando il presidente ha tirato in mezzo i vigili, è stato a quel punto che ho capito che il dibattimento era pro forma e che tutto era già stato deciso. Mancava il suggello della Circoscrizione, si andava a senso unico.

Ed era incominciata male, l'ordine del giorno, così come preso dal presidente, si è agganciato a un precedente atto presentato dal capogruppo di Sel e dal sottoscritto, ma c'era poco da agganciare, noi parlavamo di posti auto a disco orario di mezz'ora, i tecnici invece hanno spalmato qualche centinaio di posti a pagamento su tutto il quartiere.

Il nostro intento era quello di bilanciare alcuni effetti collaterali della istituzione della zona a lettera, ad esempio quelli negativi per i commercianti, che con la sosta limitata perdono il giro di affari dei residenti esterni al quartiere, un paio di parcheggi a disco orario per stecca commerciale sarebbero stati sufficienti, e invece no.

Altra decisione nefasta: parcheggi a lettera in Largo Vaturi, che data la vicinanza col centro si accinge a diventare l'ennesimo parcheggio di prossimità della città, visione diametralmente opposta a quello che stanno realizzando le amministrazioni comunali del resto del mondo (parcheggi di scambio periferici e baricentrici rispetto al centro, vedi Firenze ad esempio) e a tutto vantaggio del trasporto privato e delle casse comunali che beneficeranno della privatizzazione dei posti auto sulle spalle dei cittadini, perché da "domani" saremo costretti a pagare quello che fino ad oggi era gratis.

Siccome questa scelta è stata fatta passare come un regalo ai commercianti, quando ho chiesto al presidente di domandare ai clienti degli esercizi commerciali cosa preferiscono fra la sosta gratuita di mezz'ora e quella a pagamento, domanda retorica, è ovvio che scelgono la prima, lui ha risposto che la sosta a disco non si può fare perché mancano i vigili per fare i controlli.

La politica delle rinunce è facile, però va detto che porta al collasso sociale, ovvero, taglia di qua, privatizza di la, il passo che separa il cittadino dalla pecora da tosare è breve, e secondo me la risposta "non ci sono soldi" è un pretesto per non andare a ledere benefici e consuetudini, questo va detto.

L'atto andava votato, già quell'uscita sui vigili mi aveva rabbuiato, ciliegina sulla torta il presidente si esibisce nel giochino della votazione lampo, senza neanche darmi il tempo di pronunciare la mia dichiarazione di voto, mi s'è chiusa la vena, fra alzarmi andare da lui e dargli dell'ipocrita è stato tutt'uno. Male, s'intende, ho perso la flemma, ma il limite era passato già da un pezzo.

Poi, a cose fatte, mi hanno riacceso i microfoni, ho ribadito che con la scusa dei commercianti l'amministrazione comunale ha trovato il modo di gabellare i cittadini.

Al netto del fatto che il contendere ha come oggetto il trasporto privato, ogni volta che un bene pubblico viene privatizzato la sconfitta è "globale", di tutta la comunità.

Che tanto a parcheggiare in largo Vaturi ci finirà prima o poi anche il presidente.


AGGIORNAMENTO: continua QUI

hashtag
#Livorno

Fonte

@andreapetrocchi