17 gennaio 2010

Il sistema peggiore eccetto tutti gli altri

Tempo fa leggevo un articolo su William McChesney Martin, governatore della Banca Centrale americana fra il 1951 e il 1970. Sono rimasto colpito da una frase a lui attribuita:
« Il consumismo è il sistema peggiore fra quelli a nostra disposizione, fatta eccezione per tutti gli altri.»
Ho riflettuto a lungo sul significato di questa frase, e in assenza di una spiegazione ufficiale mi sono fatto una mia versione personale di quanto espresso dal governatore, che qui ripercorro, e che, partendo da fuori contesto, mi porta tristemente a concordare con lui.

Perché è il peggior sistema
Il sistema capitalistico consumistico si basa sul cercare di convincerci che è possibile poter rimediare al nostro vuoto interiore investendo parte dei nostri averi (o peggio rinunciando a parte degli averi futuri) acquistando un bene non necessario.

I vuoti interiori, causa ed effetti
Quindi per fare un sistema capitalista serve innanzi tutto scavare un vuoto interiore nella testa dei sui abitanti, una "buca" da colmare comprando. Competizioni, compulsioni, sfilacciamenti nelle relazioni familiari, malesseri sociali, standardizzazione della vita, il sistema capitalistico consumistico ci ingabbia e ci rende vuoti e isolati, e i nostri comportamenti spesso sfumano in depressioni che iniziano con la rinuncia alla percezione di noi stessi. In questo vuoto penetra il cuneo del consumismo, che dal pulpito dei media addita la strada a chi brancola disperatamente in cerca di una via di uscita, sostenendo che questa via esiste ed è una sola, non indica però la strada giusta, il cercare l'altro, ma la strada che istituzionalizza se stesso, il comprare. Il cittadino nasce ed è già istituzionalizzato, e diviene così un consumatore.

Il Consumismo
Abbiamo quindi una causa che genera un effetto, e questo vuoto da riempire, viene consigliato di riempirlo non cercando la società, l'altro, ma piuttosto perpetrando l'isolamento comprando beni non necessari, giocattoli per adulti, non indispensabili alla nostra sussistenza. Non è acqua, non è pane, non è un vestito per coprirci dal freddo o un posto sicuro. E' un accessorio, un utensile, uno specchietto simile a quello che noi europei usavamo per pagare l'oro dei nativi americani mezzo millennio fa. Il bersaglio al quale mira il sistema capitalistico consumistico è il cercare di attribuire a questo bene un potere che in realtà non ha, ma come riuscire a convincere tanta gente di questa menzogna? Con una promessa: compralo, e la tua immagine sociale apparirà migliore, guarda come sono felici questi "proto vicini di casa" della pubblicità che lo hanno comprato, anche tu diventerai felice come loro.

Il costo dell'apparire
Dopo l'acquisto il consumatore viene lasciato a tu per tu col suo giocattolo. La gioia è temporanea. Poi, proprio perché alla fine si tratta di un bene inutile, questo godimento sfuma, quando all'eccitazione dell'acquisto si sostituisce l'abitudine, il vuoto di prima ritorna, spesso accompagnato dalle rate da pagare. Alla inutilità di questo gesto si aggiunge la sua potenziale dannosità, quando il bene non necessario viene aquistato a spese del miglioramento del benessere sociale.

Il bene inutile, il riverbero della offerta
Per descrivere meglio che cosa sia il bene non necessario faccio un esempio: le automobili. Molte marche differenti offrono più modelli, ogni modello ha molti allestimenti differenti. Ogni modello infine viene rimpiazzato ogni due anni circa da una nuova versione dello stesso. Questo differenziare con mille sfaccettature un mezzo che preso in ogni sua declinazione ha comunque lo stesso fine, portarci dal punto A al punto B, lo rende doppiamente appetibile, perché utile e perché di nostro gusto. Quanto detto sulle automobili è replicabile all'infinito per ogni bene voluttuario presente sul pianeta.

Ma un'altra economia è possibile?
Mi invento un immaginario sistema alternativo a quello capitalistico consumistico, niente a che vedere con il comunismo, caratterizzato, uso il precedente esempio automobilistico, da una sola azienda che produce un solo modello che non verrà mai rinnovato. Tutti gli acquirenti guidano macchine uguali e non ci sono nuovi modelli in arrivo. Gli acquirenti istituzionalizzati non esisterebbero, perché l'automobile in questo caso è spogliata della sua veste commerciale, rimanendo un veicolo per spostarsi più rapidamente che a piedi. La conseguenza della adozione di questo sistema sarebbe da un lato un rallentamento delle vendite di autovetture, legato al fatto che i possessori delle automobili valuterebbero l'acquisto della nuova autovettura solo dopo molti anni in seguito al decadimento strutturale della propria macchina.

Il male peggiore, tranne tutti gli altri
Ma cosa ben peggiore questo sistema avrebbe come conseguenza una massiccia sovrabbondanza di manodopera, perché una sola fabbrica al posto delle molte di adesso, che produce un solo modello, e che vende meno auto a causa del mancato rinnovo delle vetture a fini consumistici, ha bisogno di una sola linea di produzione. Il riverberare l'offerta del bene non necessario porta l'azienda a costruire molti più beni non necessari, mentre molti modelli di autovetture significa altrettante linee di produzione. Il raddoppio dei lavoratori impiegati al raddoppiare delle linee utilizzate porta indubbiamente ad una maggiore occupazione, e quindi paradossalmente ad un migliore benessere sociale. La rimozione del sistema capitalistico consumistico andrebbe quindi contro i lavoratori, perché sarebbe causa di una enorme sovraccapacità di impiego, seguita da un effetto domino tale da riportarci tutti quanti dritti all'età del medio evo.

Conclusione
Il sistema capitalistico consumistico, assoggettando al consumismo la fascia influenzabile della popolazione, è come una madre che per sopravvivere si nutre dei suoi stessi figli. Il sacrificio di questi individui consiste in una vita intera centrata sulle esteriorità e sui sacrifici necessari per ottenerla. In Italia la fame è stata debellata da tempo, perché allora si continua a rubare, a rapinare e ad uccidere? L'indottrinamento alla fede capitalistico consumistica, anche se si manifesta in modo quasi coercitivo tramite i media, fortunatamente è ancora una scelta libera. Nessuno obbliga chi non vuole essere istituzionalizzato, costui può comunque rimanere comodamente seduto all'interno di un sistema che altrimenti, fosse per lui, non potrebbe stare in piedi. Lasciamoli comprare quindi, sono loro che tengono a galla tutti quanti.

16 gennaio 2010

Immigrazione, perché è sbagliato generalizzare

Ogni volta che parliamo di problematiche legate alla immigrazione lo facciamo etichettando l'immigrato di turno per etnia: i negri, gli albanesi, gli zingari. Questo generalizzare a mio avviso è sbagliato, perchè ha come effetto il rendere impossibile a queste persone l'integrazione nella nostra società. Ogni volta che generalizziamo trasformiamo un insieme eterogeneo di individui in un agglomerato mostruoso composto da un insieme di corpi ma dotato di una unica volontà, come se tutti questi individui covassero lo stesso pensiero, di odio, verso di noi. Non è così, questo insieme non esiste. Esistono persone provenienti da lontano, con usi e costumi differenti, che oggi sono qui fra noi per delle scelte obbligate accomunate dal disperato bisogno di fuggire dalla miseria. Ciascun corpo ha una sua testa e ogni individuo ha la sua visione del problema, ci osserva ed ha in se più o meno grande il desiderio di integrarsi. Ovviamente fra loro c'è chi ruba, chi non vuole integrarsi o chi ci vuole prevaricare. Ma di questo che colpa ha l'immigrato "buono"? se mio fratello ruba questo non fa di me un ladro. Fra questa gente c'è anche chi ha voglia di integrarsi, ma se continuiamo con questo etichettare per etnie, con questo guardare storto a prescindere, molti risponderanno al nostro sguardo con uno sguardo uguale e la loro integrazione rimarrà una meta che si allontana.

Ricordiamoci da dove veniamo
A cavallo fra gli anni 50 ed i 60 il nostro paese ha conosciuto il "boom economico", buona parte di questo benessere proveniva dalle rimesse dei nostri emigrati all'estero. Questi individui sono poi riusciti ad integrarsi, fino a giungere a fondersi con le culture che li hanno ospitati, ed oggi sono a tutti gli effetti belgi, americani, argentini, australiani. Nel tempo il processo di integrazione sembra irreversibile, chi oggi grida allo straniero dovrà prima o poi farsene una ragione. Gli italo americani di oggi non hanno più niente di italiano, e quel poco che ne rimane, lo vediamo tutti, è caricaturale.

Un esempio a caso
Ma torniamo in Italia, e facciamo un esempio utilizzando quello che è il "proto diverso" per antonomasia, lo zingaro. Poniamo che un ragazzo rom, coi lineamenti gitani, stufo della vita nomade, decida di rompere con i suoi e di tentare l'integrazione. Oggi troverebbe un impiego per stabilizzare la sua posizione nella nostra società? Quanti trovandolo seduto accanto a se al cinema controllerebbero se il portafogli è sempre nella giacca, quanti sguardi coglierebbe in pizzeria o al supermercato?

Generalizzare è sbagliato
Dobbiamo ricordarci quali sono le nostre radici. che allontanare una persona soltanto per il rigetto del diverso farà di quest’ultimo una persona sola e quindi più facile a perdersi e sbagliare.



quale e' la tua opinione su questo argomento?
condivido al 100%
sono favorevole in linea di massima
ho alcune riserve in merito
sono contrario !
non e' di sinistra