30 ottobre 2013

Clamoroso al Cibali: Sono "di sinistra" i due killer dell'articolo 33

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Aprile del 2000, la "Casa delle Libertà" deborda alle regionali spezzando le reni al secondo governo D'Alema, Oliviero Diliberto (Comunisti Italiani) era ministro di grazia e giustizia.

A un mese e mezzo dalle dimissioni viene emanata la Legge 10 Marzo 2000, n. 62, il coltello piantato nella schiena della nostra istruzione pubblica.

In buona sostanza con questa legge viene bypassato il terzo comma dell' articolo 33 della Costituzione facendo diventare, mutatis mutandis, pubbliche le scuole private. Vale la pena un parallelo:

art.33 comma III Costituzione della Repubblica italiana:
« Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato
art.1 Legge 10 Marzo 2000, n. 62:
« Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall'infanzia lungo tutto l'arco della vita.»
Si tratta di una delle tante trasposizioni del famosissimo gioco delle tre carte, siccome la Costituzione obbliga l'istruzione privata al privato sostentamento questa viene equiparata alle scuole pubbliche aggirando di fatto il precetto costituzionale.

Seguono alcuni esempi pratici conseguenti a questa legge scellerata: stando ai conti del 2012 le cosiddette scuole parificate hanno beneficiato di 500 milioni di euro di finanziamenti statali, ripeto, sono cinquecento milioni di euro - l'anno - soldi nostri, che invece di essere investiti per mettere in sicurezza i plessi scolastici, o per assumere nuovi docenti di sostegno, oppure maestri per nuove classi degli asili nido, sono finiti invece per aiutare degli istituti esclusivi, nel senso che o paghi la retta o non entri, i soldi sono persi.

Gli studenti con disturbi di apprendimento, condannati al gap coi compagni di classe e le famiglie rimaste fuori dalle liste per gli asili nido, costrette, a causa del lavoro, alle rette stellari dei privati, unitamente ringraziano.

Il nostro welfare state è un sistema senza senso.

Ma a ben guardare un senso questa legge numero 62 ce l'ha, è quello prettamente economico, basta ripercorrere i calcoli che i Wu Ming hanno riportato su questo post (articolo lungo non sto a rileggerlo ma il dato c'è). Per lo Stato togliere uno studente dalla istruzione pubblica per metterlo in quella parificata è un affarone, ci risparmia.

Al netto di questo, e della famiglia che sceglie un percorso parificato per il proprio figlio accettando di pagare due volte la stessa cosa, in questa poderosa partita di giro (ripeto €500.000.000/anno) a rimetterci è la scuola pubblica, che invece i nostri padri costituenti vollero proteggere col terzo comma dell'articolo 33.

Questa è la portata della nostra classe politica, un insigne appartenente alla sedicente "sinistra" del Pd e un altrettanto sedicente comunista sono in realtà due anti sociali filo liberisti che hanno anemizzato la scuola pubblica per agevolare i sussidiaristi confessionali. Noi dobbiamo il nostro quotidiano a mostri come questi.

Questi fatti devono circolare, questa gente, dopo i danni che ha causato, deve ritirarsi a vita privata.

Ringrazio l'Uaar di Livorno per la condivisione di questa notizia.

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25 ottobre 2013

Scuole parificate: Il Comune di Livorno spende più di centomila euro l'anno

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E' arrivata la risposta del comune all'atto depositato un paio di mesi fa, una interrogazione per sapere se la nostra amministrazione sovvenziona le scuole parificate (vedi link in alto).

Ebbene la riposta è si, più di centomila euro l'anno.

Si tratta, mi risponde l'ufficio preposto, di soldi stornati dalla regione, non sono stanziamenti decisi a livello locale.

La questione si complica quindi, a questo punto andrebbe chiesto in consiglio regionale chi ha deciso questi stanziamenti locali, il problema è che al momento da quelle parti il sottoscritto non ha agganci, quindi, dato che tutte le parificate sovvenzionate sono confessionali (mi hanno dato la lista) ho girato gli incartamenti alla Uaar, nella speranza che ne facciano buon uso.

Ho inoltre informato della cosa il gruppo consiliare in comune che spero si faccia carico di informare quello regionale. Il problema di questi stanziamenti, prima delle implicazioni confessionali e della sua palese incostituzionalità in virtù del terzo comma dell'articolo 33 - che è sempre bene ricordarlo - recita
« Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. (cit.
è che ogni euro stornato verso le parificate è un euro tolto alla istruzione pubblica, che è già abbastanza anemizzata dai tagli alla spesa per potersi permettere furti di questa entità.

E' un discorso che ho già fatto, ma è bene ripetermi: con centomila euro l'anno la nostra comunità potrebbe ristrutturare le scuole comunali, ricordo che alcune di queste hanno problemi con l'amianto, oppure accorciare le ignobili liste di accesso agli asili nido comunali, che obbligano le coppie rimaste fuori a ricorrere alle costosissime strutture private, che, curiosamente, sono nella quasi totalità dei casi ospitate nelle stesse strutture delle parificate oggetto delle sovvenzioni.

Un classico esempio di cittadino "becco e bastonato", se pensiamo che queste persone il posto all'asilo per loro figlio se lo sono pagato con le tasse, quota parte dei centomila euro l'anno che invece vengono stornati - privandolo del posto in lista - verso l'ente privato che per di più li taglieggerà di quasi cinquecento euro al mese.

La scuola privata, come tutte le aziende private, deve stare in piedi da sola senza tirare per la giacca gli assessori al bilancio di vario ordine e grado, e se non ce la fa chiudere i bilanci deve chiedere sovvenzioni private (come fanno tutte le "parificate" del resto del mondo) oppure chiudere bottega.

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AGGIORNAMENTO: Continua qui.



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22 ottobre 2013

Qualcosa di sinistra - alcune idee per il prossimo piano della mobilità

L'OMS CERTIFICA LA CANCEROSITA' DELLE EMISSIONI DEL TRAFFICO CITTADINO, SERVE RIFLETTERE SU UNA PROPOSTA POLITICA CONCRETA CHE PONGA FINE ALLA PERICOLOSA CONVIVENZA FRA I RESIDENTI E LO SMOG.

Una piccola premessa, giorni addietro abbiamo assistito a un'uscita mediatica di un noto legale nostrale, che, forte della tessera e con malcelata ipocrisia, si è secondo me lanciato all'inseguimento della poltrona del Cosimi. Questa uscita la critico perché è di fatto "evasa" da una riflessione interna al Partito.

Ma chi sono io per biasimare tutto questo?? Taccio quindi (questo blog, logo Sel a parte, è il mio angolo privato) e parlo invece di contenuti.

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La settimana scorsa è uscito un dato di miliare importanza per gli amministratori dell'intero pianeta, infatti l'Organizzazione Mondiale Della Sanità (OMS) ha certificato che le emissioni dei veicoli sono nocive per la nostra salute.

Su questo aspetto abbiamo quindi voltato pagina, fine dei dibattiti, la direzione da prendere è quella di fare un piano per togliere il traffico dal centro della città, in caso contrario è certo che sarà il sistema sanitario nazionale a pagare per le inadempienze degli amministratori, questo al netto di tutti i lutti imputabili a quell'amministratore che a Livorno delibererà, sulla pelle dei nostri figli e dei figli dei nostri figli, in traccia con quanto è stato fatto (parcheggi dell'Odeon prima e del Moderno ora, entrambi "di prossimità").

Come immaginare in base al rispetto di questo dato il futuro prossimo della nostra città?

La risposta è un centro decongestionato dal traffico, per arrivarci serve da una parte disincentivare salatamente l'accesso delle auto, e, per evitare la conseguente desertificazione sociale e commerciale, prevedere un sistema di parcheggi di scambio (come ad esempio quello in fondo a viale della Libertà) periferici rispetto al centro cittadino e dotati di tutti i confort interconnettivi, tipo corsie preferenziali per i bus e piste ciclabili con nodo per il bike sharing, tutto finalizzato a raggiungere rapidamente e senza fatica il centro della città (che dovrebbe essere pensato più come un luogo per socializzare che per spendere.)

Non disdegnerei neanche la proposta, pionieristica ma già realtà altrove, tipo attaccare una rastrelliera per biciclette ai bus delle linee periferiche, perché in quel modo permetteremmo ai cittadini che abitano fuori dal raggio di portata della bici di lasciare l'auto direttamente nel box. Secondo me un progetto pilota varrebbe sicuramente la pena.

Auto critica a fin quanto detto: E' certo che il rovesciamento della politica del traffico da centripeta a periferica è salutare, ma comporterebbe comunque per la nostra amministrazione delle conseguenze economiche di un certo peso, come ad esempio un potenziamento del sistema di trasporto pubblico, che già anemizza sotto i colpi dei tagli alla spesa.

Che fare? da qui la connotazione politica di questa proposta (vedi titolo del presente), per permettere lo sviluppo del sistema di trasporto pubblico locale serve la socializzazione del biglietto e una imposta di scopo. Stop quindi a biglietti e abbonamenti, almeno per i livornesi residenti nel comune.

Riguardo l'imposta, assolutamente non dovrebbe trattarsi di una tassa fissa perché la sua linearità impatterebbe differentemente in base al reddito, sarebbe più giusto qualcosa di modulato in base alle aliquote Irpef, con una soglia di esonero dal pagamento per i redditi sotto la soglia di povertà da finanziare coi redditi superiori a 75.000 (scaglione massimo). Una cosa così.

Quanto ci costerebbe? al momento non dispongo di dati certi, ma tenendo conto che a Livorno siamo in 150.000, pagando pochi euro l'anno ci toglieremmo innanzi tutto la soddisfazione di portare i nostri bambini a spasso per un centro finalmente libero dal pericolosissimo smog.

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18 ottobre 2013

Circoscrizione 3: depositato nuovo atto, chiediamo di conoscere il progetto di riqualificazione del deposito Ctt (ex Atl) di via Carlo Meyer

Questa mattina ho depositato un nuovo atto a nome del nostro gruppo consiliare, si tratta di un'interpellanza, un'atto relativo a una richiesta di informazioni che, a differenza della interrogazione, può successivamente essere discussa in consiglio.

La cosa riguarda il progetto di riqualificazione del deposito Ctt (ex Atl, trasporto pubblico livornese) di via Carlo Meyer (zona di competenza della nostra circoscrizione) per sapere di che si tratta, dato che fra sei mesi la Ctt si trasferisce a Salviano, e in questa legislatura di tale progetto non se ne è mai detto niente.

Seguiranno nuovi sviluppi appena possibile.


AGGIORNAMENTO: il Comune risponde che al momento non ci sono progetti esecutivi, in quanto il vecchio progetto, depositato anni addietro, è decaduto per scadenza dei termini.

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15 ottobre 2013

Il postneoliberismo

Una buona notizia dal sito Latinamerica (lettura che consiglio). Come una bottiglia spiaggiata dal mare è arrivato su questi schermi un termine nuovo, molto gradevole, quello di postneoliberismo.

A oggi si tratta di un qualcosa di limitato al sud del mondo, all'America latina per essere più precisi, dove, nonostante il rammarico dei media mainstream occidentali, tutte le legislature di sinistra, dal Brasile all'Argentina, dall'Ecuador alla Bolivia fino al'Uruguay sono state riconfermate, consolidando con questa continuità la svolta sociale operata da quei popoli.

Da "Lula" da Silva a Dilma Rousseff, da Néstor a Cristina Kirchner, da Hugo Chavez a Maduro, poi "Pepe" Mujica, Rafael Correa, Evo Morales, tutte riconferme che testimoniano il prodigioso affrancamento dei latinoamericani dai precedenti decenni di politiche sfruttatrici operate dai regimi militari e delle major dei mercati delle materie prime.

E' un bel termine, questo del postneoliberismo, che peraltro non è avvicinabile alla Repubblica di Cuba, il cui esempio dato al mondo è sicuramente stato il faro che ha messo in marcia i popoli di quel continente.

I cubani, ragazzi poveri se passati sotto alla lente del consumismo, ma ricchissimi invece, anche a confronto di quelli statunitensi: un indice di alfabetizzazione doppio, un tasso culturale triplo, ed un stato sociale che fa annichilire il "quadro di Bosh" del welfare statunitense.

E da noi? quando potremmo iniziare a parlare seriamente di postneoliberismo in Italia? Al momento non ci è permesso, con un alfiere della sinistra come Renzi potremo al massimo parlare di laburismo o cose così.

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L'articolo di Latinamerica, a opera di Emir Sader, edito originariamente dal quotidiano cubano Granma, è lincato in fondo al post.

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14 ottobre 2013

La politica italiana e quella folle corsa verso il centro

La campagna elettorale, stando a questi primi stadi iniziali, mi ricorda le turbe mentali della comare che mira al riscatto sociale provando a sistemare la figlia con il rampollo bene della borgata. 

Tentativo virtuoso quello del riscatto sociale, ma il tramite è davvero censurabile.

Stesso errore per i machiavellisti di turno, che mirano agli accordi con quelli più "al centro" (più a destra) di noi dimenticando che fra gli effetti di tali accordi ci sarà sicuramente una sconfessione in qualche ambito della nostra politica, i cui effetti saranno la perdita di fiducia dei nostri elettori, così come il frutto della trama tessuta dalla comare porta in caso di successo a un matrimonio infelice.

La sinistra, per come la vedo io, dev'essere permeata da un qualcosa di erotico, quello della sinistra erotica non è un termine di mia invenzione (credo sia di Bertinotti) ed ha a che fare con il fuoco interno che la nostra politica dovrebbe accendere nei nostri elettori, che non ha a che fare con i freddi calcoli della ragione. 

Ma il nostro lessico politico è lontano mille miglia da questo - per alcuni censurabile - concetto. 

Avremo un matrimonio triste, vinceremo, scontentando con gli accordi la base elettorale, oppure resteremo fedeli a noi stessi, senza diventare il solito melting pot ideologico, restando fiera e baldanzosa minoranza e opposizione?

In questo credo possa aiutarci la definizione stessa di partito politico, che è quella di "parte" la rappresentanza di quella parte che la vede come noi, questo in antitesi sui machiavellici calcoli finalizzati alla diluizione della base votante.

Non è quindi il fine a giustificare i mezzi, ma i mezzi a giustificare il fine.

Sia a livello nazionale che locale c'è una nutrita base elettorale, colta e "di sinistra" che sono anni che telegrafa alle stelle interrogandosi circa l'esistenza di un qualcosa degno della loro rappresentanza, quel qualcosa saremmo noi, nella nostra versione erotica. 

Ma quale centro poi, che è un' invenzione tutta italiana, quello che noi chiamiamo centro nel resto del mondo si chiama destra.
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4 ottobre 2013

Quella "cosa strana" chiamata referendum consultivo

UN PARALLELO FRA GLI ESITI DI BOLOGNA E LIVORNO CI MOSTRA COME IL "VERTICE" SFRUTTI A PROPRIO VANTAGGIO QUANTO USCITO DAI SEGGI DELLA "BASE" REFERENDARIA


Per la mia personalissima esperienza il referendum consultivo, specie quello comunale, ha un po l'aspetto spiazzante dell'Ornitorinco, una bestia affatto catalogabile, becco, coda di lontra ecc.. Eh si, credo che la trasposizione fisica sia calzante, e questa difficile catalogazione porta l'esito politico e istituzionale di questo strumento di controllo dato in mano ai cittadini ad essere spesso interpretato alla bisogna dai dirigenti politici, portati a piegarne i risultati in base alle loro prerogative e interessi di parte.

Prendiamo Bologna ad esempio, dove - episodio colpevolmente sottaciuto dal nostro mainstream - questa primavera, era il 26 di maggio, c'è stata una bella battaglia fra "la base" dei referendari, progressista e secolarizzata, costituita da associazioni di privati cittadini, e "il vertice", ovvero la giunta a guida piddina, nei fatti sussidiarista e conservatrice.

Il motivo del contendere era una partita di bilancio che l'amministrazione voleva dare alle cosiddette scuole parificate (quasi tutte confessionali), mentre la base chiedeva di stornarla per aumentare la capienza degli asili nido pubblici. Il referendum è passato col 60% dei voti ma la giunta ha "tirato dritto" giustificandosi con la mancanza del quorum.

Altro referendum consultivo, questa volta a Livorno, i referendari hanno chiesto alla cittadinanza di esprimersi riguardo la costruzione di nuovo ospedale. Anche in questo caso il referendum è passato, anche in questo caso il quorum non è stato raggiunto, ma siccome la giunta (un "monocolore" Pd) era fra i favorevoli al nuovo ospedale adesso utilizza l'esito referendario per bloccare la nascita di qualsiasi dibattito in merito.

Due esiti identici che generano due misure differenti, e a rimetterci sono i cittadini di Bologna, sottomessi all'abominio delle liste per gli asili nido mentre le ricche scuole parificate incassano oltre alla retta anche l'assegno comunale (tasse dei bolognesi) e quelli di Livorno, che vedono chiudere i distretti sociosanitari della città e che vedono eclissarsi un progetto della variane al Romito per avere in cambio il doppione di una cosa che hanno già.

Popolo bue, come mi fanno incazzare queste cose. Deve nascere un dibattito funzionale all'affinamento di questo prezioso strumento volto a risolverne questa oggettiva debolezza che si è tradotta nella mancanza di un contrappeso e di un controllo popolare al potere delle giunte.

Da persona laica mi domando infine come si possa definire progressista un partito politico - il Pd - che è invece marcatamente sussidiaristico, termine che in Italia fa sempre il paio con le aspirazioni oltreteverine, che sono invece il coltello piantato nella schiena del progresso delle nostre libertà.

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