25 ottobre 2011

La violenza, la protesta, la lotta, secondo me

In genere si intende la violenza come il mero atto fisico, invece la violenza è anche ciò che precede l'atto in se.

Dal punto di vista sociale è violenza quella compiuta dagli amministratori quando un loro atto mina la pace sociale della comunità, è violenza ciò che va in direzione opposta al cammino per la realizzazione della società di persone uguali e solidali, è violenza ciò che contribuisce allo sfilacciamento del tessuto connettivo della comunità, è violenza ciò che porta lontano dal rispetto dell'altro, ciò che potenzialmente può portare la comunità ad abdicare alle  propria democrazia.

Davanti alla violenza dell'arroganza e della provocazione, anche l'indignazione, posta dinanzi a chi mostra queste pretese, per quanto essa sia un sacrosanto obbligo morale, è anche lei una forma di violenza. Anche la protesta davanti al continuare di queste pretese è violenza, ed anche la resistenza, atta a fermare queste pretese, è ovviamente una forma di violenza, ed è violenta infine la lotta, generata dalla risposta del prevaricatore davanti all'atto di resistergli.

Se è vero che in un contesto democratico la violenza non ha ragione di esistere, questa è invece necessaria quando questo concetto è ancora da realizzarsi. In quale altro modo ottenere il rispetto che ci spetta? davanti a un atto violento, la violenza è un contrappeso funzionale.

Contestualizziamo questo concetto esteso di violenza, ed attuiamolo nella lotta che vede "noi", infiniti e piccolissimi, contro "loro", pochi ma molto grandi.

Dovremmo forse essere tutti molto più guevaristi? dovremmo andare a trattare le nostre istanze con i fucili appoggiati al tavolino? di questi tempi, con queste finanziarie, sì.

Ma c'è fase e fase, e c'è fucile e fucile. Dopotutto viviamo nell'era della informazione, ed i fucili di oggi sono i media di massa, tramite i quali vengono giù coscienze che nemmeno i bisonti ai tempi del grande west.

I media di massa elaborano le immagini che arrivano nelle case e che formano le opinioni.

Come viene utilizzato questo potere lo abbiamo visto il quindici ottobre scorso, quando sul tubo catodico sono arrivate delle immagini violente al posto delle istanze di chi stava protestando, l'informazione di massa è stata filtrata e propagandata dagli editori.


Possiamo opporci a tutto questo? No, le manifestazioni si fanno per dimostrare, ma bastano alcuni infiltrati lasciati fare dalle forze dell'ordine e sul telegiornale della sera sarà servita la solita manifestazione grondante sangue. Il risultato è il costo di questa dimostrazione: paura inoculata via etere a centinaia di migliaia di persone.

Sarebbe allora più utile alla causa il vecchio adagio che recita «Dai a un uomo un pesce e mangerà un giorno, dagli una canna da pesca e mangerà una vita.» Sarebbe più concreto "adottare" un individuo che non usa il computer ed alfabetizzarlo alla informazione simmetrica.

Davanti alla dittatura dell'informazione le manifestazioni sono quasi controproducenti, il sistema è strapreparato a questi eventi e, come abbiamo visto, ha già pronte e collaudate le sue contromisure.

L'unico modo per battere il sistema è sfidarlo da dentro, dalle istituzioni.

Serve un Partito marcatamente ideologizzato, laico, che si opponga allo squallore del marketing trasversale post-ideologista che oggi gestisce la cosa pubblica in questo Paese. Serve un Partito serio, asciutto, agli antipodi dagli one-man-party, serve una casa comune fatta come si deve per tutti i socialdemocratici italiani, un armonico proseguimento della sinistra italiana, un Partito che lascerebbe al Pd i soli voti del vassallatico e dei democristiani.

Che sia anche un Partito stagno, impossibile da scalare dall'esterno.

Assistiamo un giorno si e uno pure non solo alla ridicolizzazione delle nostre istanze, ma anche alla erosione dei nostri diritti acquisiti a favore dei biechi liberisti. Serve un Partito che catalizzi le proteste, che le supporti, indignandosi, resistendo e infine lottando, ma che veicoli questa lotta nei luoghi ad essa deputati dai nostri costituenti.

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