18 aprile 2012

L'Europa che vorrei


Ogni cittadino europeo finanzia con le proprie tasse il sostentamento di vari parlamenti.

C'è l'europarlamento e il parlamento nazionale, poi, passando a livello locale, il consiglio regionale e quello comunale.

Tengo fuori dai conti le provincie, stralciate dalle prossime elezioni, ma che tutt'oggi costituiscono qui da noi un ulteriore "girone" amministrativo.

Ciascun cittadino italiano osserva quindi attorno a se lo sviluppo di quattro cerchi concentrici, da quello più vicino, l'amministrazione comunale, a quello regionale, poi l'amministrazione statale, e infine il parlamento europeo.

Sono cerchi che si ergono in maniera esponenziale già oltre la dimensione comunale, se ne sentono gli echi, osservati e ribattuti dai binocoli dei media, quando dall'alto cade qualche tegola, mai niente di buono, nuove tasse, tagli ai beni comuni.

A osservare bene, di questi quattro cerchi ce ne sono due che tendono a sovrascriversi, assorbendo inutilmente il gettito dei contribuenti.

A questo punto poniamo un dogma, l'ottica europea, che pare sia la strada intrapresa da questa nostra vasta comunità.

Passando dal punto di vista del cittadino a un altro, un punto di vista che guarda il "sistema Europa" da fuori, che cosa vediamo? Una piramide tronca, un vertice mozzo, perché la maggior parte delle decisioni viene ancora presa a livello nazionale, la punta della piramide, l'europarlamento, è sfilacciata dal resto dell'Europa.

Se per i territori abbiamo le regioni, se per i massimi sistemi abbiamo gli Stati, a che cosa ci serve il parlamento europeo?

Ma se, e qui torniamo al dogma, noi europei abbiamo scelto un vertice comune, la domanda di sopra va ribaltata in: A che ci servono oggi gli Stati se al vertice abbiamo posto l'Europa? Il parlamentare di troppo non è quindi quello europeo ma quello nazionale.

Altra domanda da porci è:

«Quanto ci costa il mantenimento della macchina statale? »

Moltiplichiamo la somma per tutte le stelle della bandiera europea, quanti beni comuni otterremmo con il rinveniente della loro abolizione? Siamo sicuri che, una volta informati circa il drenaggio di risorse pubbliche rappresentato dalle impalcature delle macchine amministrative statali, non emerga fra noi europei una consapevolezza maggiormente eurocentrica?

Perché su questo tema non c'è dibattito? per calcoli che esulano dalla tutela del bene pubblico, che preferiscono tenere l'oggetto di un dibattito scomodo chiuso in un cassetto? Gli stipendi, i gettoni, le pensioni, e tutti gli interessi economici che gravitano attorno alla "politica".

Altra domanda: Quanto stiamo pagando per questo esperimento confederale? Quanto l'attuale forma assunta della Unione Europea soddisfa i suoi cittadini?

La massa specifica delle amministrazioni nazionali, oberate dai relativi conti pubblici, metastasi frapposte fra Europa e regioni, generano cittadini con diritti differenti. Come stiamo osservando durante questi mesi, Grecia, Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda, gli abitanti delle regioni che formano queste nazioni non hanno la stessa percezione del futuro dei cittadini che vivono nelle regioni francesi o tedesche. Il paradosso attuale si sintetizza in parlamentari eguali eletti da cittadini diseguali.

Quanti cittadini europei sarebbero disposti a venire a patti con questi debiti ponendo come contropartita un trasferimento dai frammentarismi delle competenze statali a una giusta amministrazione centrale?

L'Europa che vorrei è l'Europa delle regioni, costituita da un parlamento europeo volto alla formazione e la tutela di cornici legislative regionali, che lascia alle regioni ed alle successive ramificazioni e capillarità autodeterminazione riguardo i relativi quadri. L'Europa come vertice quindi, e sotto la Toscana, l'Andalusia spagnola, la Lorena francese, la Baviera tedesca e così via.

Gli Stati stanno alla Unione Europea come le provincie stanno ai comuni, faranno la stessa fine?

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Fonte (costo parlamentari italiani)

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