11 marzo 2012

Perché il Pd è diventato il partito dei padroni


Quarant'anni fa alla catena di montaggio dello stabilimento torinese di Mirafiori lavoravano circa sessantamila operai, oggi in tutto il torinese gli operai sono circa decimila.

Negli anni settanta il naturale interlocutore della classe operaia italiana era il Pci, oggi il partito che avrebbe dovuto raccoglierne l'eredità si rifiuta di partecipare alla manifestazione della Fiom e flirta con i liberali.

Se sappiamo spiegarci la dinamica a monte della involuzione dei posti di lavoro nell'industria e lo sfumare della nostra economia nel post industrialismo - i fatti dei primi anni ottanta, la caduta del blocco socialista, l'alveo della globalizzazione, le delocalizzazioni selvagge avallate da una politica bipartisan e liberista - torna più difficile spiegarci come mai anche la sinistra parlamentare italiana abbia avallato tutto questo, il perché questo Partito abbia scelto di cambiare, di tradire gli operai per abbracciare Confindustria e le logiche shumpeteriane della distruzione creativa dei posti di lavoro.

Eppure queste due dinamiche, apparentemente slegate, sono secondo me unite nella consapevolezza da parte di questo Partito di non poter niente davanti ad un evento di portata globale come la delocalizzazione industriale, nella impotenza davanti alla eclissi dei relativi posti di lavoro, nel saper di dover cambiare per sopravvivere al cambiamento della nostra società.

Davanti a questa onda possente probabilmente qualcuno ha tentennato, in quel momento altri hanno trovato l'occasione per affondare il Partito e provare la deriva a destra, alla ricerca dei voti borghesi.

#Piddì

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento