7 ottobre 2011

Steve Jobs - quello che reinventò il feticcio consumista


Abbiamo già affrontato il tema del consumismo inteso come degenerazione del capitalismo, ma lo riaccenno: Il consumismo consiste (secondo me) in una distorsione subliminata ai cittadini dai media mainstream, che, alla lunga, porta le persone alla distruzione del desiderio di acquisto inteso come forma di appagamento ("Io compro ciò che mi piace") ed alla sostituzione di questa pulsione con un obbligo all'acquisto derivante dalla dimostrazione di status sociale ("Non lo compro più perché mi piace, lo compro, anche quando non mi piace, per far vedere agli altri che ce l'ho anch'io").

Le mode (sempre secondo il mio modestissimo parere) sono il "porta a porta" che permette al consumismo di caleidoscopizzarsi, di riverberare e quindi di radicarsi nelle persone. Ad esempio: Non me ne può fregare di meno dei cappelli da cow-boy, ma se abitassi a Dallas, dove tutti lo indossano, va a finire che quel cappello prima o poi me lo compro anch'io. Quindi, rimanendo sul cappello, le mode trasformano qualsiasi luogo in Dallas, con grande felicità dei produttori dei beni pubblicizzati.

I vari feticci made in Cupertino sono quanto di più alla moda, sono, nei loro ambiti, la crema della crema, "Il feticcio", e questo dai tempi dell'IPod. Ed il compianto Steve Jobs su questa moda c'ha speculato un bel po, perché gli Ipod, a parità di hardware, costano centinaia di euro di più di un mp3 player non griffato.

Molto poco democratico, molto egoista.

Sarebbe quindi meglio lasciare questa commemorazione agli azionisti di Apple, lasciamo a loro il cordoglio per la morte di un siffatto speculatore.

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