5 maggio 2014

La frammentazione partitica da tutti i punti di vista con un'idea per superarla

In riferimento a certe dinamiche osservabili per altro a ogni latitudine e longitudine partitica, capita spesso che delle minoranze interne, animate per altro da nobili scopi ma però prive di lungimiranza finiscano col fuoriuscire dall'alveo democratico del partito di appartenenza pletorizzandosi in partito nuovo che nove volte su dieci finisce per connotarsi più per lo sparare palle incatenate verso il partito di provenienza che per altri motivi.

A monte di questa scissione c'è la mancanza dei numeri necessari a ribaltare la situazione in modo democratico, chi opera per gli interessi del Partito dovrebbe a questo punto tornare in traccia limitandosi al ruolo di minoranza interna, il discorso però non è così facile, e secondo me verte sulle regole democratiche interne a quel partito.

Una buona regola per conservare la monoliticità potrebbe essere quella del voto a "quasi" unanimità, perché, al netto delle frange estreme, marginalizzabili in quel "quasi", il voto alla quasi unanimità obbliga la maggioranza e la minoranza al dialogo e alla mediazione. Secondo me, molti dei casi sopra riportati sono conseguenti alla frustrazione della minoranza nel non veder riconosciuta la propria rilevanza, cosa indotta da maggioranze più risicate.

Ovviamente la soluzione a questo schiacciamento sarebbe pagata dal punto di vista della minore reattività.

Il problema è comunque da porsi, perché alla fine il risultato più evidente è il grossissimo regalo fatto al principale partito dello schieramento opposto, che senza battere ciglio beneficia dai minori numeri del partito avverso.

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#politica
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@andreapetrocchi
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