31 maggio 2013

Alla "fonte" della politica: Un essere, quello umano, avido fino all'osso

LA NOSTRA AVIDITA' ESPRESSA NEL RIFIUTO A "TORNARE IN CIRCOLO" CON LA NATURA
Con questo post parte (e per quel che ne so oggi si conclude) una mia ricerca "un po naif" sulle regole politiche che hanno formato le consuetudini del genere umano, quelle con le quali approcciamo il resto della natura.

Credo di aver così toccato il punto più esterno della cornice che impalca il quadro su cui sono state dipinte tutte le cronache politiche dell'intero genere umano.

Credo nell'importanza di questa cornice, perché è mia ferma convinzione che nella sua ignoranza non possa esserci la coerenza che lega un atto politico al suo successivo.

Tornando alla cornice, la politica con cui sono regolati questi usi é un retaggio arcaico e spirituale, frutto della assenza di dialogo con una controparte, e consuetudini maturate in un numero imprecisato di vessazioni.

Se é vero quel che credo, ovvero che l'essere politico "di sinistra" sia animato da un convinto altruismo, il genere umano, visto esternamente ad esso nella sua oggettività, é tutto l'opposto, perché, nel rapporto con la natura, si rivela un estremista, e questa atavica avidità diventa cronaca nel praticare l'unilateralità.

Il nostro essere é formato da un numero imprecisato di atomi, che si rinnovano senza freno dal momento del nostro concepimento fino a quello della nostra morte.

Cosa componevano quegli atomi prima di formarci? Erano nella natura, scomposti e ricomposti all'infinito prima di noi.

E in noi questo vortice continua, gli atomi che ci compongono si rigenerano fino alla nostra morte, momento in cui decidiamo di arrestare questa danza millenaria, quando ci rifiutiamo di restituire alla natura ciò che essa ci ha donato.

Le nostre usanze ci portano a seppellire chi muore dentro a delle bare, che hanno il solo scopo di evitare che le nostre sostanze, decomponendosi, tornino alla natura e con essa a nuova vita.

Non che dentro a quelle bare il decomponimento si arresti, tutt'altro.

Ma non sarebbe più corretto donare i nostri cadaveri a madre natura seppellendoli nella nuda terra, dissolvendoci così in essa, permettendo a quello che ci é attiguo di beneficiare di noi, arricchendosi con le nostre sostanze, un albero, un filo d'erba, per tornare poi in circolo, caleidoscopizzandoci nell'immortalità invece che relegare quelle sostanze a un pasto per quei pochi vermi apparsi dentro la bara, anch'essi destinati a fine certa? Quella si che é morte.

A riguardo sarei curioso di sapere la posizione della Chiesa, anche se devo ammettere che definisco alcuni suoi precetti religiosi come estremismo di frontiera.

Penso ai preti, ai quali viene proibita la vita di coppia e la procreazione, un Aventino davanti al circolo infinito della vita.

E che dire delle suore, che abdicano davanti al ruolo di madre? Nella mia ottica sono molto più devote le mestieranti che con i loro rapporti promiscui donano alla natura, avida di diversità, quella che credo sia una gemma rara e preziosa, la diversità fra i fratelli.


Fonte

@andreapetrocchi

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