14 maggio 2012

Il governo monti, la tecnocrazia

Nelle intenzioni (oppure nelle "esteriorità") dei nostri padri costituenti la nostra nazione sarebbe dovuta divenire una democrazia, la gestione della cosa pubblica data in mano al popolo. Siamo invece diventati quasi subito una partitocrazia, nel senso che la prima cosa fatta dai partiti, delega alla mano, è stata cambiare le carte in tavola, cosicché la cosa pubblica è passata dalla mano dei cittadini a quella degli apparati, che l'hanno amministrata in nome e per conto di chi è parso a loro. Questi, negli anni (ma soprattutto dagli anni ottanta in poi, la "Milano da bere ecc..") hanno mangiato e fatto mangiare così tanto da portarci alla situazione odierna consistente nella obbligatorietà, al fine di girare la barra prima della inevitabile rocca, di prendere scelte così impopolari da rischiare l'annientamento dei partiti stessi alla seguente tornata politica. Siamo così sfumati nella tecnocrazia, la cosa pubblica è passata dalle mani pelose degli apparati a quelle di un manipolo di gelidi docenti universitari (università private) che nulla hanno da perdere, ed alle loro cure di frontiera dalla limpida ispirazione neoliberista, mercato, mercato eppoi mercato.

La dinamica della gestione della nostra cosa pubblica io la vedo così, un cuneo,che, ad oggi, in base all'accesso al potenziale contributo è riassumibile in: tutti (gli italiani) > pochi (i capataz dei partiti politici con sotto i relativi capi bastone) > 13 persone (numero dei ministeri "tecnici" del governo Monti).

60.776.531, tanti sono gli italiani al 30 settembre dello scorso anno, sessanta milioni di persone, amministrate da tredici individui scelti da altri.

La punta del cuneo è l'assolutismo, e se non ci diamo una svegliata ci arriviamo e presto.

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