28 ottobre 2011

Sacconi, Joseph Shumpeter, l'articolo 18

Joseph Shumpeter, economista, è stato il padre della teoria della "distruzione creativa" dei posti di lavoro.

La tesi dello studioso riporta che in un ambiente economico nel quale si muovono aziende libere di licenziare il mettere alla porta i lavoratori eccedenti al rallentare della produzione rende le aziende più pronte a rispondere alla crisi e quindi più competitive sui relativi mercati. 

Shumpeter sostiene inoltre che, nel medio periodo, questa agilità nel disporre del conto profitti e perdite possa portare l'azienda a darsi ad aggressive pratiche commerciali, facendo così ripartire la produzione ed attirando nuovamente la forza lavoro licenziata.

Se osserviamo quanto sopra dal punto di vista dei padroni il discorso non fa una piega. Il paragonare però i lavoratori ad un bene alienabile in tempo di vacche magre lascia però perplessi in parecchi (soltanto "a sinistra" però) e poco conta che i licenziati possano venire riassunti. Quali individui torneranno al lavoro? quelli sopravvissuti ai mesi di inedia?

Questa concezione della società è tanto anti-sociale da essere stata adottata dagli Stati Uniti, luogo dove tutto è merce.

Sacconi sbaglia a darsi a Shumpeter: in questo momento negli Stati Uniti ci sono milioni di senza lavoro, un tessuto sociale annientato dalla mancanza di entrate e dai costi altissimi di qualsiasi servizio (le municipalità si sono vendute ad arabi e russi persino i parcheggi a pagamento) mentre le aziende, rese agilissime grazie al famoso economista, continuano ad avere i conti in profondo rosso perché nessuno ha più soldi da spendere, così non assumono

E poco conta che Sacconi limiti il discorso ai soli dipendenti pubblici (quelli privati sono già stati spolpati negli anni). Non ci vuole ne Shumpeter ne Keynes per capire che, se il nodo è la ripresa, attaccando gli stipendi dei dipendenti pubblici (il 6% dei lavoratori italiani) riporteremo i consumi del Paese ad un nuovo Medio Evo.

Non è tagliando le riserve alla spesa privata che usciremo da questa crisi, se al dipendente pubblico vogliamo guardare l'ottica deve essere quella della produttività, ma non sulle spalle dei nostri concittadini.

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