Conosco alcune persone disposte a salire in macchina, guidare per delle ore e passare una giornata intera senza soste dentro e fuori dai negozi di vestiti.
Sono le patite e i patiti dell'apparire, quelli che vestono griffati, che però, non appartenendo all'1% dei toscani che fa shopping in via Tornabuoni o al Forte, devono accontentarsi delle rimanenze che quei negozi rivendono ai cosiddetti outlet.
Il prototipo di questa fattispecie, fervido lettore di riviste patinate, salario basso e spirito di emulazione dei superuomini moderni, i vip e le pop star, è in realtà un pesce nella rete del main stream, e reagisce, comprando, alle logiche dell'apparire.
Non accetta di essere finito fra il restante 99%, e non essendo i grado di replicare nella sostanza le vite di questi prototipi mira a replicarne almeno l'apparenza, anche a costo di sacrificare in questo una parte sostanziosa del suo salario.
Il voler apparire sullo stesso livello della immagine riverberata dai media sarà secondo me una materia di studio fra mille anni, quando qualcuno studierà gli stilemi della società odierna come noi oggi studiamo gli antichi egizi.
Per prima cosa questi studiosi osserveranno fino a che punto può spingersi la logica dell'apparire, valutando il senso degli interventi cruenti e delle travagliate convalescenze successive agli interventi estetici, e si gratteranno la nuca vedendo i filmati delle teen ager che rincorrono il culto del superuomo arrivando a farsi infilare chirurgicamente delle palle di gel fra lo sterno e i seni.
Ma si chiederanno sopratutto come mai chi guadagnava mille euro al mese ne spendeva la metà per infilarsi gli stessi vestiti di chi di euro al mese ne guadagnava dieci volte tanti.
Tempo fa mi sono imbattuto in una conversazione fra un primario e una infermiera di sala, fra i due lo stipendio è scala dieci, eppure tutti e due avevano ai piedi le stesse scarpe firmate. Ovviamente il primario ha speso in quelle scarpe una parte modesta del suo stipendio, mentre l'infermiera, per sottostare alla logica dell'apparire, per quel paio di scarpe ha passato ben altri sacrifici.
Sorrideranno, questi studiosi di noi antichi italiani quando scopriranno che c'era chi guadagnava diecimila euro il mese e mandava il filippino a fargli la spesa a Barberino.
Sempre in tema di moda, tempo fa mi sono imbattuto in una vetrina che esponeva un paio di jeans con cucito sul sedere la frase "De puta madre". Credo che la traduzione risulti più o meno "Figlio di puttana", mi sono immaginato con indosso quei jeans a cena da mia madre.
Comunque, le persone che indossano vestiti le cui marche sono leggibili da chilometri di distanza, più che persone mi sembrano dei pannelli pubblicitari ambulanti, fossi chi li indossa invece di pagare per indossarli pretenderei il contrario, e se fossi un amministratore pubblico mi farei pagare da quella azienda anche le tasse per l'affissione, quella è pubblicità, tale e quale a quella dei cartelloni.
Sono le patite e i patiti dell'apparire, quelli che vestono griffati, che però, non appartenendo all'1% dei toscani che fa shopping in via Tornabuoni o al Forte, devono accontentarsi delle rimanenze che quei negozi rivendono ai cosiddetti outlet.
Il prototipo di questa fattispecie, fervido lettore di riviste patinate, salario basso e spirito di emulazione dei superuomini moderni, i vip e le pop star, è in realtà un pesce nella rete del main stream, e reagisce, comprando, alle logiche dell'apparire.
Non accetta di essere finito fra il restante 99%, e non essendo i grado di replicare nella sostanza le vite di questi prototipi mira a replicarne almeno l'apparenza, anche a costo di sacrificare in questo una parte sostanziosa del suo salario.
Il voler apparire sullo stesso livello della immagine riverberata dai media sarà secondo me una materia di studio fra mille anni, quando qualcuno studierà gli stilemi della società odierna come noi oggi studiamo gli antichi egizi.
Per prima cosa questi studiosi osserveranno fino a che punto può spingersi la logica dell'apparire, valutando il senso degli interventi cruenti e delle travagliate convalescenze successive agli interventi estetici, e si gratteranno la nuca vedendo i filmati delle teen ager che rincorrono il culto del superuomo arrivando a farsi infilare chirurgicamente delle palle di gel fra lo sterno e i seni.
Ma si chiederanno sopratutto come mai chi guadagnava mille euro al mese ne spendeva la metà per infilarsi gli stessi vestiti di chi di euro al mese ne guadagnava dieci volte tanti.
Tempo fa mi sono imbattuto in una conversazione fra un primario e una infermiera di sala, fra i due lo stipendio è scala dieci, eppure tutti e due avevano ai piedi le stesse scarpe firmate. Ovviamente il primario ha speso in quelle scarpe una parte modesta del suo stipendio, mentre l'infermiera, per sottostare alla logica dell'apparire, per quel paio di scarpe ha passato ben altri sacrifici.
Sorrideranno, questi studiosi di noi antichi italiani quando scopriranno che c'era chi guadagnava diecimila euro il mese e mandava il filippino a fargli la spesa a Barberino.
Sempre in tema di moda, tempo fa mi sono imbattuto in una vetrina che esponeva un paio di jeans con cucito sul sedere la frase "De puta madre". Credo che la traduzione risulti più o meno "Figlio di puttana", mi sono immaginato con indosso quei jeans a cena da mia madre.
Comunque, le persone che indossano vestiti le cui marche sono leggibili da chilometri di distanza, più che persone mi sembrano dei pannelli pubblicitari ambulanti, fossi chi li indossa invece di pagare per indossarli pretenderei il contrario, e se fossi un amministratore pubblico mi farei pagare da quella azienda anche le tasse per l'affissione, quella è pubblicità, tale e quale a quella dei cartelloni.
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