4 aprile 2011

Immigrazione : quando è banale generalizzare

Proviamo ad invertire le parti in causa: mettiamo che a casa nostra scoppi un gran casino, aerei che radono al suolo interi quartieri, esercito in strada che spara ad altezza d'uomo, niente generi alimentari. In un contesto simile pare ovvio che chiunque abbia un lavoro, anche sicuro, da dipendente pubblico ad esempio, si trovi dall'oggi al domani senza stipendio e senza possibilità di ritirare contante in banca, tutte chiuse. La situazione conseguente sarebbe più o meno questa: niente tetto sulla testa, niente cibo, niente soldi, niente, saremmo in mutande in mezzo a una strada con cecchini intenti a spararci da ogni angolo. Mettiamo poi che, con grande fortuna, qualcuno riesca a togliersi di mezzo senza subire grosse conseguenze fisiche e riesca a raggiungere una barca, a corrompere il proprietario ed a scappare dall'Italia. Poniamo infine che si riesca a sbarcare in un'altra nazione, una a caso: la Francia. Mettiamo poi che, arrivati a destinazione, una folla di francesi inferociti, gente come noi oggi, casa, macchina ed il noioso tram-tram di tutti i giorni, giudicando nella sua interezza la folla di disgraziati appena sbarcata, inizi a prenderci a male parole. Come digeriremmo noi, civili e distinti italici, figli di una società che fino a poco prima ci regalava il loro stesso quieto vivere, tutti quei riferimenti ai profughi ladri, molestatori e violenti? Non ci domanderemmo noi il perché di quell'atteggiamento? non tenteremmo di ribattere che è ingiusto catalogarci così a prescindere? Proveremmo a spiegare che siamo arrivati non per scelta, che siamo dopotutto persone perbene, che non siamo dei criminali? Ecco il punto: una cosa sono le persone che fuggono dalla disperazione, un'altra è un crimine, e queste due cose vanno tenute distanti, perché non è vero che sono una la conseguenza dell'altra. Gli emigranti non vanno concepiti come una unica entità, dotata di un solo cervello intento a meditare intenti sopraffatori verso chi si accinge ad ospitarli. Non emigra la folla, emigrano persone, e in questo insieme eterogeneo ci sono persone perbene, gente scioccata, che ha perso tutto, che va accolta, che necessita delle nostre cure. Trattare queste persone da briganti è un gesto che dimostra quanto la paura possa cambiarci in egoisti e banali, anche di fronte a sciagure che hanno cambiato il profilo stesso di un popolo, trattare tutti da briganti è assolutamente ingiusto verso queste persone. Se in quel contesto ci saranno dei reati, starà alla legge punire chi li commetterà, e la legge dice che un reato è un reato, a prescindere dal fatto che a commetterlo sia un italiano o uno straniero.

Andrea Petrocchi

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