27 settembre 2011

La fine del ventennio berlusconiano: B, la Minetti, il crocifisso e Bagnasco

Scherza coi fanti ma lascia stare i santi. L'Italia concede tutto ai suoi politici, tutto tranne mancare "formalmente" di rispetto alla chiesa cattolica.

Quello è il limite da non valicare, passato il quale da oltretevere parte un raggio ustorio che ti incenerisce. 

Tutti i politici lo sanno e tutti, trasversalmente, da destra, con umore serafico, ma anche da sinistra, recriminando pari dignità, si sottopongono ossequiosamente a questo dettato.

Questo perché l'Italia è una società clerico-partitocratica, dove la politica svolge il compito di frizione fra le istanze del parco buoi ed il Vaticano. Nessuno può essere dispensato dal rispetto di questa regola, neanche se di cognome fai Berlusconi e di mestiere fai il presidente del consiglio.

Lui e la sua grande boria credevano di possedere tutto, credevano di aver addomesticato un ente dalla esperienza millenaria. Se ne fregavano dei precetti, dell'etichetta, e provocavano, una vera spina nel fianco, dimenticando però che quelli lo stavano usando dal 1992.

Così oggi, puntualmente, l'orizzonte romano è stato attraversato da una lingua di fuoco, che partita dal Vaticano è finita dentro Palazzo Grazioli.  

Hanno perdonato i tradimenti, il mercimonio, le orge, ma il crocifisso no, il crocifisso utilizzato come stimolo sessuale no. 

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