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8 aprile 2014

Perchè Renzi



La rapidità della parabola renziana, con la sua contestualizzazione a valle del fenomeno del grillismo desta più di un sospetto.

Sembra la risposta del marketing dei poteri forti, che sceglie di contrapporsi alla minaccia del consenso grillino incartandosi dentro a una confezione per apparire nuovo e sedurre le masse, riuscendoci, dato che siamo sottoposti alla dittatura delle apparenze.

È un po' come quando si ristrutturano le facciate dei palazzi del centro, dalla strada è tutto uno sfavillare di luci e colori ma come entri nell'androne ritrovi gli stessi intonaci sbeccucciati e il medesimo odore di chiuso.

La vera domanda che dovremmo porci è se e quanto i lustri del berlusconismo ci abbiano fatto maturare, se è una dose prolungata a fare l'antidoto, se e quanto la storia riuscirà a rimare nuovamente.

Il grillismo è una sorta di numero zero della nuova politica, manca quella rifinitura che soltanto il tempo può dare, e soprattutto manca un senso di appartenenza, l'accomunarsi in opposizione a qualcuno non è una condizione sufficiente a innescare una comunione di intenti, per questo motivo l'argine Renzi tiene.

Ma la tecnica dei falsi segnali non può essere replicata, cosa sarà costretto a inventarsi il Sistema quando questa sagoma sarà logorata?

#MatteroRenzi

@andreapetrocchi
SEL Livorno http://www.livornosel.it/
Fonte

25 ottobre 2012

Il sonno della indignazione genera mostri

Elsa Fornero (fonte foto Wikipedia)

Pur guardandomi bene dall'evocare i fantasmi del passato, mi trovo ad osservare, non senza amarezza, una delle contingenze dei nostri tempi, e il parallelo fra questi due periodi mi mostra quanto la controriforma stia cambiando la nostra società.

Non c'è bisogno di scomodare né GoyaStèphane Hessel per capire che gli atti dei nostri governanti, nefasti per la stragrande maggioranza della popolazione, sono da qualche tempo accompagnati da una sfrontatezza sopra le righe.

Il ministro Fornero nella fattispecie, un prototipo temibile del neo conservatorismo liberista, ha preso da qualche tempo ad usare le categorie sociali più deboli come degli sparring partner per allenare i suoi artigli di arpia.

Il finto pianto, mediaticamente servito alle italiche comari, un sudario frapposto fra le apparenze e le intenzioni della ministra, è stato il suo tetro biglietto da visita, lo specchio del suo cinismo, mentre la creazione di un esercito di zombie, carne umana ibridata fra il lavoro e la pensione, è stato il compimento del suo mandato.

Ma c'è ancora un cadavere sulla scena del delitto, è una prova e va coperto. Stesso mezzo, una bella uscita "tranchant" via etere ad uso e consumo delle stizzibili comari, e la vittima è accusata di essere l'assassino. Pratica invero affatto nuova fra i neocon.

Il messaggio criptato è il seguente: Le percentuali bulgare di disoccupazione giovanile e le milioni di vittime del precariato non sono il risultato della controriforma, che ha lasciato a marcire sul posto di lavoro i sessantenni, posti che spettavano di diritto alle giovani generazioni di lavoratori, ma delle vittime, dei giovani, che sono diventati Choosy, schizzinosi. Scusate, ma "Vaffanculo!" non glie lo dice nessuno? Tutti col telecomando in mano a vedere J-R??

E' questo stagno silente che è diventato negli ultimi tempi il nostro palcoscenico sociale a fornire al ministro tanta sfrontatezza.

Serve una forte indignazione, perché quel lorfio aggettivo aglosassone apposto davanti alla evidenza di un mercato del lavoro saturo e deflazionato, non è una pessima uscita, ma un'uscita mirata a scaricare una colpa.

Ma oggi è tutta un'altra storia, e la Fornero, pericolosissimo prototipo del neo conservatorismo, può continuare a smembrare il diritto dei lavoratori, mentre una platea di anestetizzati è intenta a giudicare una generazione di giovani fancazzisti.

Non ci sono più argini, e il liberismo deborda, ci investe, ci vince e ci spazza via, e nel mentre dipinge barba e baffi sulle facce dei nostri cadaveri.

hashtag
#resitenza

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3 ottobre 2012

Nasce il circolo Idv Piero Calamandrei

Il Partito mi ha affidato l'incarico di formare un circolo territoriale, cosa che devo dire reputavo più semplice di quello che è poi stato, il detto livornese di "sentirsi come un gatto nella stoppa" iniziava a farsi calzante.

Il circolo si dovrebbe chiamare qualcosa tipo "Circolo Territoriale Livorno Ovest" e nel giro di poco dovrebbe essere "affratellato" ad altri quattro Nostri circoli territoriali. In pratica, perseguendo il nobilissimo fine di democratizzare la politica tramite la capillarizzazione della presenza sul territorio, ci siamo clonati le circoscrizioni, ed al sottoscritto, capogruppo nella circoscrizione 3, è stato dato l'onore (e l'onere) di battezzare (laicamente) il primo dei cinque fratelli.

Dicevo che sarebbe dovuto chiamarsi in un modo, invece l'ho intitolato diversamente, questo per due motivi, primo perché i punti cardinali sono quattro mentre i circoli sono cinque, ma soprattutto perché ieri due ottobre, giorno di fondazione del circolo, il tribunale di Stoccarda ha sentenziato il non luogo a procedere verso otto nazisti delle SS colpevoli dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema.

Ho quindi deciso, in modo per niente democratico, di intitolare il circolo a Piero Calamandrei, giornalista, giurista, politico, scrittore, poeta e docente universitario italiano, nonché antifascista, socialdemocratico e soprattutto autore della "Lapide ad ignomia" in memoria del partigiano italiano Duccio Galimberti, il cui testo riporto a seguire.

Lapide ad ignominia
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
Più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

Primo incontro venerdì 5 alle 21:15 presso la sala dei consiglieri della Circoscrizione 3 in via Corsica 27, incontreremo i commercianti di viale della Libertà, che temono un calo degli affari in seguito alla paventata messa in senso unico di detto viale per far posto a una corsia bus.

Noi siamo favorevoli al trasposto pubblico, ciò nonostante ci teniamo a conoscere nei dettagli anche la dinamica di queste attività, e lo facciamo consci del fatto che dietro al negozio ci sono famiglie che vedono in quella attività la loro unica fonte di reddito.

Troveremo una sintesi? più teste (pensanti) ci saranno maggiori saranno le probabilità, intanto stiamo mettendo in cantiere una proposta.  

Aggiornamento: Qui


hashtag
#circoscrizione3
#resistenza

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Un disertore



Questo blog si è occupato raramente di quell'universo che sta alla destra dell'emiciclo, questo per un motivo fondamentale, perché, nel mio piccolo, mi pare al momento prioritario cercare di riordinare le idee a sinistra.

Avvolte però, leggendo e più di rado ascoltando la tele, capita di trovarsi fra le mani alcuni fatti che sono stati strappati dalla storia, roba che non occuparsene sarebbe come diventare collusi con chi ha operato la censura.

E come disse non ricordo bene chi "Sapere e tacere è molto peggio che non sapere."

Frequentando una libreria ho trovato un bel libro scritto nel 2007 dal giornalista Antonio Ghirelli, intitolato "Aspettando la rivoluzione". Parla della storia della sinistra italiana dall'800 a oggi, non l'ho ancora finito, di solito faccio un orecchio nell'angolo della pagina quando leggo qualcosa di interessante, e il mio libro è pieno di angoli piegati, insomma per me è una lettura interessante. Nel caso a qualcuno interessasse approfondire allego sotto la copertina.


A pagina 92 c'è scritto che Benito Mussolini nel 1901 non rispose alla chiamata di leva e fu condannato per diserzione. Ruscì a fuggire in Svizzera e tornò in Italia solo dopo il 1903, graziato da una amnistia.

Mi sono domandato quanti giovani scelgano le destre extra parlamentari attratti dalla integerrima figura del Dux, figura che alla luce dei fatti si rivela invero un tantino smacchiata con quella grande spugna storica bipartisan (mai visti politici di sinistra stigmatizzare un fatto del genere) che è l'ipocrita teatrino della politica italiana dei nostri tempi.

hashtag
#resistenza
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27 settembre 2012

L'oppio dei popoli


Il calcio è l'evoluzione dei giochi circensi dei romani, uno stratagemma ideato dai detentori del potere per deviare verso una pratica inoffensiva le poche energie rimaste al popolo bue dopo una giornata lavorativa. E' una specie di pillola inoculata via etere e carta stampata, che finisce per ottenebrare la mente di gran parte della popolazione.

Il calcio come droga sociale deve il suo potenziale dirompente alla sua scontata semplicità, sintetizzabile nel riuscire a calciare un pallone in rete. Ne è una riprova il fatto che lo scambiarsi opinioni su quello che vi orbita attorno è rimasto uno dei pochi veicoli di comunicazione transgenerazionale. Mettete vicini un dodicenne e un ottuagenario e fateli parlare di calcio, nove volte su dieci vanno avanti fino a seccarsi la lingua.

In Italia, accada quel che accada, non ci ritroveremo mai senza pane e senza calcio, pane e circo erano e sono anche oggi i due paletti che ogni regime si guarda bene dall'oltrepassare, due pasti al giorno e il campionato sono la medicina contro i moti di popolo, ed il potere è lasciato libero di perpetuarsi.

Perché la gente sceglie il calcio e non la politica? Cosa ci guadagna un tifoso quando la sua squadra vince? diritto a sfottere l'avversario a parte non c'è alcun tipo di guadagno materiale. Sarà che il calcio è la trasposizione di una guerra in miniatura, e forse è anche per questo che ha tanto seguito. Due unità in guerra, vittoria, sconfitta, è in questa sua ancestralità il segreto di tutto questo seguito?

Anche la politica è guerra, guerra carsica, e comunque guerra vera, con i compagni, i nemici, gli alleati (da cui guardarsi), con l'informazione, la partecipazione, la condivisione. Quando si vince ci trova addirittura a vivere meglio, nel passato abbiamo guadagnato in questo modo anche la nostra libertà.

Standone lontani invece lasciamo senza forze i nostri compagni, che vengono sconfitti dal nemico, e ci si può ritrovare anche con un inceneritore dietro l'angolo di casa, o con una autostrada che fino al giorno prima era una superstrada gratuita, tanto per tirare fuori due travi recentemente cadute negli occhi dei miei concittadini (nessuno però ne parla, ma tutti sanno che il Livorno, al momento è in testa alla classifica di serie B).

Sulla carta non ci sarebbe paragone, ma la politica ha come suo svantaggio l'essere relativamente complicata, ed i politici sono esseri mediamente intelligenti, abili nell'arte del tranello, arte che, come tale, non è soggetta al compiacimento pena il decadimento dei suoi benefici, e ciò limita fortemente la partecipazione dei non addetti ai lavori, che trovano molto più comodo congedare l'argomento con un “tanto sono tutti ladri”.

Il calcio invece no, è un gioco elementare, a carte scoperte, lo vedi che la palla entra in rete. Il calcio è in realtà un gran rifiuto, una fuga collettiva ed orgiastica dalla realtà, dagli obblighi della età adulta, dal seggio che attende ciascuno di noi dentro alla Pòlis, una fuga dal potere supremo, quello di scegliere i rappresentanti a cui dare la propria delega, un ordine che invece va trasmesso e in modo coscienzioso.

#resistenza

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3 settembre 2012

#NoRifornimento alcune osservazioni di ordine pratico

Avrei un paio di segnalazioni, tutte riguardanti quanto si sta organizzando su Twitter riguardo il boicottaggio della rete distributiva italiana dei carburanti per cercare di spingere le aziende petrolifere ad abbassare il prezzo medio del cartello, cosa che si sta organizzando dal 15 al 30 prossimi, hashtag #NoRifornimento .

Riporto queste segnalazioni qui su Blogger, poi, come al solito, lancio il sasso nello stagno, linkando questo post su Twitter, così chi lo vedrà e vorrà documentarsi potrà farlo comodamente senza sottostare al linguaggio telegrafico del social network in questione, utilissimo per far circolare le notizie, pessimo quando si tratta di dibattere o argomentare.

Se davvero andremo avanti suggerendo agli automobilisti l'astensionismo lineare su tutta la rete durante i 15 giorni posso tranquillamente anticipare che questa iniziativa si tradurrà in un fiasco, perché la gente deve muoversi, chi per lavoro, chi per famiglia, ha degli obblighi improrogabili che, per comodità o per mancanza di alternative (il servizio di trasporto pubblico locale in molte città italiane è pessimo) passeranno sicuramente avanti alle buoni intenzioni che questo boicottaggio si sta prefiggendo.

Per rendere incisiva questa iniziativa, senza andare a mettere in difficoltà gli automobilisti, basterebbe muoversi "scioperando" in modo lineare per un solo giorno, oppure boicottare i singoli petrolieri a rotazione quindicinale (es. i primi 15 giorni boicottiamo la rete Eni, i 15 successivi la Q8 ecc).

Segnalo inoltre che Twitter, nella sua infinita democraticità, pone il fianco ad una critica: se io fossi l'Eni e leggessi che si sta organizzando una iniziativa del genere, creerei gruppi di pressione per cercare di distorcere la forma, democraticamente decisa, della protesta, per rendere inefficiente l'iniziativa in questione.

Che altro dire, che il 58% del prezzo alla pompa del carburante in Italia è dato dalle tasse, con questo non mi voglio schierare a fianco dei petrolieri (aderisco alla protesta a prescindere dalla forma che prenderà) va comunque ribattuto anche questo aspetto, la tassazione è la più elevata in Europa, e fra le accise figurano ancora quelle per finanziare la guerra in Abissina del 1935!

#
NoRifornimento
NoEni

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23 agosto 2012

Da una bolla a un'altra, dodici anni di "governi d'emergenza" e di austerità per "gestire la crisi" in nome delle banche

Prendo spunto da questo interessante articolo apparso di recente sul quotidiano online Greenreport, si parla della scarsa memoria storica dei cittadini americani.

In effetti, riflettendo sugli accadimenti macroeconomici e finanziari che hanno caratterizzato i primi vagiti di questo nuovo millennio, notiamo un susseguirsi di crisi finanziarie e di un relativo continuo stato di allerta, che dal 2000 ad oggi ha giustificato misure draconiane e liberticide in occidente e atti squadristi nel resto del mondo, petrolifico medio oriente in testa.

Si parte alle grande con lo scoppio della bolla dei titoli tecnologici ed il relativo crollo dei mercati finanziari dei primi mesi del 2000, con i suicidi di massa in stile 1929 dei broker e trader di borsa, e delle ripercussioni nefaste che questo crollo ebbe riguardo la gestione della economia reale.

Si prosegue con una nuova crisi, quella successiva all'11 settembre 2001, quando insieme al crollo delle due torri del World Trade Center venne scossa fino alle fondamenta l'intera economia mondiale, portando alla ribalta la teoria del double dip.

Si continua con lo scoppio della bolla dei mutui sub-prime e così facendo, fra picchi e baratri di borsa, fra finanza, debiti ed economia reale, arriviamo ai giorni nostri, con la crisi degli emittenti pubblici.

Di fatto l'economia occidentale non ha pace da dodici anni.

Quali furono le risposte a queste crisi? Nel 2000 la politica espansiva e le liberalizzazioni finanziarie e bancarie volute da Alan Greespan per dare ossigeno ai mercati spalancarono la porta alla finanza creativa delle locuste di Wall Street. Col nuovo crollo seguirono le leggi liberticide di George W.Bush "rese necessarie" dalla lotta contro "l'impero del male". Il crollo del mercato immobiliare globale portò in dote un taglio netto ai patrimoni dei possessori di beni immobiliari (e mise sul patibolo quelli che grazie a quei beni avevano ottenuto dei prestiti). Coi baratri nei meriti di credito degli stati periferici della Unione Europa infine, sono stati attaccati anche i risparmi mobiliari, nonché la possibilità di finanziamento di alcune nazioni. Il risultato è l'erosione di buona parte della libertà della stragrande maggioranza della popolazione occidentale.

La domanda è se e come il popolo d'occidente ricordi questa concatenazione di eventi, o se sia finito col convivere con il suono dell'antiaerea. La risposta ce l'ha riportata l'articolo da cui parte questa riflessione.

Sono dodici anni di sacrifici, in Italia ci sono due generazioni che ancora attendono di uscire e di entrare dal mondo del lavoro. I responsabili sono sempre gli stessi, quelli che hanno architettato la finanza a cavallo fra i due millenni. Di loro sappiamo per certo che non rispondono che agli utili da portare ai loro consigli di amministrazione, sappiamo che non possiamo contare sui "cani da guardia" che dovrebbero vigilare sul loro operato, sappiamo addirittura che queste aziende esercitano pressioni su governi, riuscendo a imporre politici a loro graditi.

Contestualmente l'occidente è seppellito dalle informazioni, il giurassico è giusto ieri sera, e seppelliti sotto a questa mole non riusciamo a percepire che stiamo passando da una emergenza ad un altra, che la gestione di queste emergenze ha autorizzato i governi a misure estremamente impopolari, e che uscendo da una crisi  per entrare in un altra avvertiamo distintamente il passaggio del diritto a privilegio.

Io questa cosa la chiamerei liberismo.

economia
resistenza

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14 giugno 2012

Elogio alla stanchezza

Nella nostra società della produzione la stanchezza è un grossissimo tabù.

Non ne parla la televisione, non si legge sui giornali, nessuno ci gira un film.

Nella società della produzione, dove anche l'essere umano e le sue mille apparenze, stirato, palestrato, abbronzato, vestito e accessoriato, è diventato a sua volta un prodotto che riverbera se stesso, lo stanco è un non senso e la stanchezza un'eresia, un atteggiamento rivoluzionario, un nemico da annichilire a colpi di Pil, da combattere con la peggiore delle propagande, il silenzio, funzionale alla prosperità del capitale e dei suoi eserciti di discepoli stremati.

E allora, rivoluzionari grandi e piccoli, dichiarate la vostra stanchezza quando la riconoscete, assecondatela perché è la natura.

Sarebbe bellissimo, rovesciare il mondo, e farlo con uno sbadiglio.

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#resistenza

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2 giugno 2012

La Shoah, gli ebrei, le vittime, i carnefici

fonte Wikipedia

Settant'anni fa la Shoah mieteva i due terzi di una intera generazione, quella degli ebrei d'Europa. Le vittime di questo genocidio vennero prima private della loro libertà, poi del rispetto, dell'acqua e del cibo, e infine della loro stessa vita. Donne, vecchi, bambini, la loro morte permetteva ai loro carnefici l'ultimo degli oltraggi: divenivano infine merce, cumuli di capelli, distese di denti, di scarpe, di occhiali. E infine cumuli di corpi nudi, accatastati, lasciati marcire all'aperto, privati anche della sepoltura.

Quei corpi, quelle ossa, se potessero tornare carne, e vivere, fosse anche per pochi secondi, secondi vigili e memori dell'olocausto. E se potessero volgersi verso i loro discendenti dello Stato di Israele, e vedessero con i loro occhi, gli stessi occhi annientati dall'otraggio della Shoah, il male che questi discendenti causano ai palestinesi, sono convinto che loro, gli ebrei vittime della Shoah, avrebbero parole d'amore per i palestinesi.

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#shoah
#Palestina

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13 marzo 2012

Le grandi opere non creano occupazione

Alberto Perino

La Cgil è favorevole alla Tav Torino Lione, la segretaria Susanna Camusso prova a spiegarci il perché:
« Servono nuovi investimenti, servono per creare dei posti di lavoro.»
Risposta pronta da Alberto Perino, una delle voci storiche del movimento NoTav, che, con in mano i dati di uno studio francese, ci informa che "le piccole opere utili" consistenti nell'ammodernamento degli edifici pubblici, delle scuole, degli ospedali, per non parlare delle energie rinnovabili, a confronto con le grandi opere e al netto della maggiore utilità sociale generano una occupazione di ben otto volte superiore.

Ma Perino va oltre: leggendo la delibera del Cipe per il tunnel geognostico della Maddalena si capisce che i fondi utilizzati per il finanziamento di questa opera sono stati stornati proprio da quelli per la messa in sicurezza delle scuole e per la sicurezza carceraria.

Il sito internet Il Cambiamento pubblica a riguardo uno stralcio di questa delibera, la copio e incollo sotto:
« Fondo aree sottoutilizzate [...] per la messa in sicurezza delle scuole, per le opere di risanamento ambientale, per l’edilizia carceraria, per le infrastrutture museali ed archeologiche, per l’innovazione tecnologica e le infrastrutture strategiche per la mobilità.»
Gli argomenti della Camusso non ci convincono, quale motivo giustifica allora la posizione della Cgil?

Ringrazio Il Cambiamento per la condivisione in rete dello stralcio.

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#NoTav

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Fonte (delibera Cipe)

27 febbraio 2012

La Tav Torino Lione vista da quaggiù

Sulla questione della Tav Torino Lione sono mesi che i politici fanno comparsate e ancora nessuno di loro ci ha spiegato il perché di questa opera, il valore per la comunità, il pregio della sua strategicità. A riguardo ascoltiamo solo la solita propaganda, i soliti dissidenti, gli antagonisti.

Vorremmo saperlo, così, eventualmente per valutare. Deve essere un signor motivo, tale da giustificare il martirio del territorio e dei suoi residenti, anni di cantieri, ed il costo - enorme, 17 miliardi di euro - sostenuto da tutti noi, soldi che sarebbero potuti andare, chessò, agli asili nido, ai doppi vetri delle scuole, ad altri consultori, alla assistenza agli anziani, fossimo in scandinavia, tutto il range del nostro stato sociale anemizza e la politica costruisce le cattedrali nei deserti.

Perché costruire una nuova linea fra Torino e Lione quando queste città sono già oggi compiutamente collegate (peraltro il tracciato attuale lavora al 30%, dato che pare scongiurare la necessità di un tracciato ausiliario)?

L'unico elemento a favore di questa opera pare sia il risparmio di una quarantina di minuti rispetto alla vecchia tratta, quindi la questione, a quanto ne sappiamo, sembrerebbe impostabile in questi termini: E' lecito investire miliardi per far velocizzare la circolazione di persone e merci di 40 minuti?

L'asse Torino Lione rappresenta una porzione del più complesso "corridoio 5" facente parte a sua volta dei corridoi paneuropei. Ad oggi la gran parte dei lavori di queste opere sono fermi a causa della crisi economica, da altre parti quindi vengono date altre precedenze, perchè non da noi?

Sarebbe facile quietare gli animi, basterebbe sedersi, che i favorevoli dibattano e che si valuti. Invece niente, il silenzio.

Oppure nessuna argomentazione può giustificare questa opera, e allora rimangono sul piatto solo lo scempio del denaro pubblico, la violenza prolungata su un territorio, l'oggettiva contrarietà dei valsusini e i sorrisi arroganti dei signori del cemento e dei loro pupazzi. 

Quando la politica schiera le forze dell'ordine invece spiegare le proprie ragioni a parlare non è lo stato ma la mafia.

In Val Susa serve un referendum, lo dico soprattutto nell'interesse di chi oggi mira a buttare la situazione in vacca, la strategia si sta volgendo contro, ieri i NoTav erano i valsusini, oggi lo è un italiano su cento e di questo passo fra qualche tempo questo movimento farà impallidire qualsiasi Occupy, con la differenza che qui siamo tutti politicamente orientati.

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#NoTav

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21 gennaio 2012

Emilia-Romagna: il consiglio regionale vota una mozione sulla cittadinanza ai figli degli immigrati, i grillini non firmano

Terra di contrasti l'Emilia-Romagna, in coppia con la Toscana rappresenta la "cintura rossa" d'Italia, il suo capoluogo è medaglia d'oro alla Resistenza, così come Imola, Marzabotto e Montefiorino, invece Predappio ha fra i suoi monumenti più gettonati dai turisti la casa natale di Benito Mussolini.

Notizia di qualche giorno fa, il consiglio regionale vota una mozione di indirizzo affinché il Parlamento italiano riconosca la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, che, fra le altre cose, essendo venuti al mondo in questa nazione sono italiani almeno quanto il sottoscritto.

I grillini non sono fra i firmatari, perché? Qualcosa contro questi ragazzi? opportunismo politico? Si è grattato il pancino degli italioti che giudicano il bene e il male in base alla progenie di un immigrato? 

Su Wikipedia la parola "fascismo" è spiegata con i termini nazionalista, autoritario e totalitario. Se non sono in grado di collegare il movimento ideato da Beppe Grillo con gli ultimi due termini, da oggi non posso dire altrettanto riguardo al primo. Uno su tre non è una bella performance.

Non è la prima volta che trovo Grillo e il Movimento Cinque Stelle dove non dovrebbe stare [qui e qui]. Se è questo il nuovo che avanza mi sa che butta male.


testo della mozione

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#Beppe_Grillo

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14 gennaio 2012

Finanza - sono i dazi commerciali la risposta giusta al fascismo finanziario delle agenzie di rating

Il nostro debito pubblico ci sta costando un occhio della testa, l'anno scorso il ticket all'ospedale, l'Iva sugli acquisti, quest'anno l'Ici, per non parlare dell'allungamento della età pensionabile e dell'attacco all'O.K. Corral che sta subendo l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Nonostante tutti questi sacrifici, tangibili, pagati quotidianamente da tutti noi, il nostro debito pubblico continua ad anemizzare il nostro Stato sociale, perché i nuovi collocamenti delle nostre obbligazioni pubbliche, necessarie per rifinanziare il debito in scadenza, devono offrire rendimenti stellari o non trovano compratori, ed i soldi dati ai possessori del nostro debito sono soldi tolti ai nostri servizi.

Il merito di tutta questa mancanza di fiducia nella nostra economia è riconducibile ad un manipolo di aziende private, quasi tutte statunitensi, che hanno per oggetto sociale il dare giudizi alle emissioni obbligazionarie.

Nessuno è in grado di dirci se a monte delle decisioni che prendono queste agenzie di rating ci siano motivazioni economiche o politiche.

A prescindere dalla risposta, trovo assurdo che una azienda privata sia messa in grado di mettere in difficoltà uno Stato sovrano, perché quello che è successo ieri è che quattro gatti chiusi dentro a un ufficio hanno fatto una riunione ed hanno peggiorato la sorte di sessantuno milioni di persone.

Questi individui sono le stesse persone che un lustro fa continuavano a coprire una Parmalat già fallita attribuendole un rating "investment grade".

Quale autorevolezza? Chi può dirci poi se queste persone prima di dare il loro giudizio non siano andate corto sulle nostre obbligazioni o sui derivati legati al nostro Paese?

Quanto accaduto ieri sera è un (ennesimo) atto fascista, nazionalista, autoritario e totalitario premeditato e realizzato per lucrare sulle nostre spalle.

In risposta a tanta arroganza servirebbe minimo una protesta ufficiale del nostro governo verso il Paese che ospita la sede legale di queste aziende, e fare cessare questa pagliacciata, in un modo o nell'altro, fino a formulare ritorsioni commerciali verso i prodotti in arrivo dagli Stati Uniti.

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#rating

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9 dicembre 2011

Tav Torino Lione: sgomentano le mancate giustificazioni dei politici ai dubbi sollevati dalla popolazione

Questo governo Monti pare corporativista tale e quale quello precedente. Sono mesi che i cittadini di tutta Italia si domandano a che cosa possa servire un tracciato ferroviario in una zona già coperta da un tracciato uguale (i Tgv stanno addirittura già collegando le due città sul tracciato attuale).

In un Paese decente la politica sarebbe già corsa a riferire i perché di questo (costosissimo) raddoppio, o quantomeno a spiegare quelle che sono, secondo la parte, le origini della controversia.

Niente, un Passera formato telegrafico ci comunica che sulla Tav Torino Lione sarà rispettato il cronoprogramma (manco fosse una gara di fondo).

Barra a dritta e spiegazioni zero quindi, la cosa non fa altro che confermare che c'è sotto qualcosa di poco pulito.  

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#notav

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24 novembre 2011

Il concetto di Debito detestabile, ovvero come gli islandesi sono riusciti a a sfuggire all'abbraccio mortale dell'Fmi

Riporto di seguito il copia-incolla di un brano relativo al default islandese. Interessantissimo, secondo me, il concetto di "debito detestabile", la leva usata dai cittadini islandesi per opporsi all'Fmi e alla socializzazione delle perdite causate dal fallimento nel 2008 delle tre principali banche private del paese. Il link all'articolo è in basso come al solito, per chi volesse approfondire.
« Un debito detestabile è un debito contratto dallo Stato con le banche o altri istituti, che però non porta benefici alla popolazione, ma anzi la danneggia. Un debito simile non si può pretendere che venga pagato dallo stesso popolo che ne ha già subito le conseguenze in termini d'interessi sul debito pubblico. »

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#default
#Debitodetestabile

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15 novembre 2011

A cosa serve questa classe politica?

A cosa serve questa classe politica se ci costringe ogni volta ai referendum per realizzare quanto le viene richiesto, rimanendo inoltre recalcitrante nonostante le percentuali bulgare alla esecuzione del dettato uscito dai seggi.

A cosa serve questa classe politica se nei momenti importanti abdica alle proprie responsabilità, come oggi, con i due principali partiti politici in fuga dalle loro responsabilità per paura di rimanere "scottati" dal nuovo esecutivo.

Questa classe politica ha stancato, è diventata palesemente fine a se stessa, immersa nei suoi tatticismi cervellotici, in quello che molti politici sostengono sia "l'alta politica". 

Nel migliore dei casi in questi tatticismi i nostri politici ci si sono persi, non vedono più l'Italia da amministrare, vedono di quando in quando o l'avversario da sgambettare o il palcoscenico da evitare.  

Questa non è più politica, si è perso di vista il fine, il cavo è saltato, il palloncino è volato via. L'accesso alla carica politica è diventato un biglietto da staccare per una giostra quinquennale attorno ad un altro universo, è un gioco, è un viaggio, un lunghissimo minuetto, un grosso sperpero avulso ai bisogni degli italiani.

Qual'è il nostro tornaconto, e qual'è la loro utilità. Non c'è più ne l'uno ne l'altro, c'è un grosso buco nero che inghiotte milioni e vomita plebende.

Questa mattina una signora mi ha confidato che togliendo finanziamenti, debiti e qualcosa per i figli questo mese dallo stipendio le rimangono sul conto corrente cento euro. Quanti italiani sono ridotti in questo stato? 

La domanda da porsi non è cosa differenzia il tecnico dal politico, ma come mai di fronte a una crisi che ci ha corroso fino alla classe media, in Spagna vanno alle elezioni anticipate e qui non si degnano neppure di arrischiarsi a un governo tecnico. 

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#bastacasta

12 novembre 2011

Tre parole dolci: bilancio in attivo

Lo ha detto Santoro ieri sera, al netto del deficit accumulato negli ultimi vent'anni l'azienda-Italia ha il bilancio in attivo. E' una bella notizia, che, contestualizzata, ci offre alcuni scampoli di riflessione. 

E' bene intanto premettere che esistono due strade per raggiungere il pareggio di bilancio, la prima è virtuosa, la seconda passa per la macelleria sociale che stiamo osservando in questi ultimi mesi, e raggiungere l'obiettivo sottoponendo gli amministrati a pane e cipolla non è cosa lodevole.

L'attivo di bilancio potrebbe essere una bella fiche che un ipotetico primo ministro "di sinistra" potrebbe giocare al tavolo delle locuste. Sarebbe bello vedere l'effetto che farebbe mettendola in parallelo con un bel default asimmetrico (speculatori internazionali si; risparmiatori italiani, quelli che hanno comprato i Btp prima del conclamarsi della crisi, no).

Per poi sostenere che: 

  1. Sospendiamo per qualche tempo sia il rimborso delle obbligazioni in scadenza che il pagamento delle cedole (il sole sorgerà comunque, anche se speculi sui nostri debiti e ti va male).
  2. Che comunque, dato che stiamo mettendo fieno in cascina, rimborseremo l'intero capitale investito entro una certa data futura.
Questa medaglia avrebbe il seguente risvolto: potremmo rischiare di passare per antipatici presso i suddetti investitori internazionali, che girerebbero alla larga dai successivi collocamenti.


anche su questo fatto occorre precisare che:

  1. essere in attivo di bilancio ci rende evitabile il ricorso a nuove emissioni obbligazionarie (quelle attuali ci servono per pagare i debiti in scadenza, più le cedole)
  2. Esiste una nazione in nord Europa (peccato ho perso il link) che non emette titoli di Stato, e pare vivano benissimo lo stesso.

#serviziopubblico
#MontiNo

Fonte (Servizio Publico II puntata 10 nov 2011)

25 ottobre 2011

La violenza, la protesta, la lotta, secondo me

In genere si intende la violenza come il mero atto fisico, invece la violenza è anche ciò che precede l'atto in se.

Dal punto di vista sociale è violenza quella compiuta dagli amministratori quando un loro atto mina la pace sociale della comunità, è violenza ciò che va in direzione opposta al cammino per la realizzazione della società di persone uguali e solidali, è violenza ciò che contribuisce allo sfilacciamento del tessuto connettivo della comunità, è violenza ciò che porta lontano dal rispetto dell'altro, ciò che potenzialmente può portare la comunità ad abdicare alle  propria democrazia.

Davanti alla violenza dell'arroganza e della provocazione, anche l'indignazione, posta dinanzi a chi mostra queste pretese, per quanto essa sia un sacrosanto obbligo morale, è anche lei una forma di violenza. Anche la protesta davanti al continuare di queste pretese è violenza, ed anche la resistenza, atta a fermare queste pretese, è ovviamente una forma di violenza, ed è violenta infine la lotta, generata dalla risposta del prevaricatore davanti all'atto di resistergli.

Se è vero che in un contesto democratico la violenza non ha ragione di esistere, questa è invece necessaria quando questo concetto è ancora da realizzarsi. In quale altro modo ottenere il rispetto che ci spetta? davanti a un atto violento, la violenza è un contrappeso funzionale.

Contestualizziamo questo concetto esteso di violenza, ed attuiamolo nella lotta che vede "noi", infiniti e piccolissimi, contro "loro", pochi ma molto grandi.

Dovremmo forse essere tutti molto più guevaristi? dovremmo andare a trattare le nostre istanze con i fucili appoggiati al tavolino? di questi tempi, con queste finanziarie, sì.

Ma c'è fase e fase, e c'è fucile e fucile. Dopotutto viviamo nell'era della informazione, ed i fucili di oggi sono i media di massa, tramite i quali vengono giù coscienze che nemmeno i bisonti ai tempi del grande west.

I media di massa elaborano le immagini che arrivano nelle case e che formano le opinioni.

Come viene utilizzato questo potere lo abbiamo visto il quindici ottobre scorso, quando sul tubo catodico sono arrivate delle immagini violente al posto delle istanze di chi stava protestando, l'informazione di massa è stata filtrata e propagandata dagli editori.


Possiamo opporci a tutto questo? No, le manifestazioni si fanno per dimostrare, ma bastano alcuni infiltrati lasciati fare dalle forze dell'ordine e sul telegiornale della sera sarà servita la solita manifestazione grondante sangue. Il risultato è il costo di questa dimostrazione: paura inoculata via etere a centinaia di migliaia di persone.

Sarebbe allora più utile alla causa il vecchio adagio che recita «Dai a un uomo un pesce e mangerà un giorno, dagli una canna da pesca e mangerà una vita.» Sarebbe più concreto "adottare" un individuo che non usa il computer ed alfabetizzarlo alla informazione simmetrica.

Davanti alla dittatura dell'informazione le manifestazioni sono quasi controproducenti, il sistema è strapreparato a questi eventi e, come abbiamo visto, ha già pronte e collaudate le sue contromisure.

L'unico modo per battere il sistema è sfidarlo da dentro, dalle istituzioni.

Serve un Partito marcatamente ideologizzato, laico, che si opponga allo squallore del marketing trasversale post-ideologista che oggi gestisce la cosa pubblica in questo Paese. Serve un Partito serio, asciutto, agli antipodi dagli one-man-party, serve una casa comune fatta come si deve per tutti i socialdemocratici italiani, un armonico proseguimento della sinistra italiana, un Partito che lascerebbe al Pd i soli voti del vassallatico e dei democristiani.

Che sia anche un Partito stagno, impossibile da scalare dall'esterno.

Assistiamo un giorno si e uno pure non solo alla ridicolizzazione delle nostre istanze, ma anche alla erosione dei nostri diritti acquisiti a favore dei biechi liberisti. Serve un Partito che catalizzi le proteste, che le supporti, indignandosi, resistendo e infine lottando, ma che veicoli questa lotta nei luoghi ad essa deputati dai nostri costituenti.

15 ottobre 2011

Kossiga vive (e lotta con loro)

Mentre a Londra un oceano di persone protesta pacificamente ascoltando Julian Assange, mentre in ottanta nazioni migliaia di eventi vedono fluire per le strade negli stessi momenti chilometri di folle pacifiche, a Roma, chissà perché solo qua, alcuni gruppi, schegge impazzite diremmo, si staccano dal corteo, fino a quel momento pacifico, ed iniziano a scontrarsi con le forze dell'ordine.

"Sembrava di essere tornati a Genova" dice qualcuno. Eh già, fin troppo simile, quasi da sembrare ciclostilato. 

Parliamoci chiaro, come mai ci sono stati disordini soltanto a Roma? Come mai 'sti fantomatici Black Bloc, nome anglosassone, sono ormai attivi soltanto in Italia? ma siamo sicuri che queste persone stessero davvero protestando contro la socializzazione delle perdite delle banche?

Oppure sono stati invitati da altri?? Oppure la manifestazione stava riuscendo troppo bene?

Il tutto ad uso e consumo dell'utente televisivo medio, quello che sta al passo leggendo Signorini e che da oggi al suonare del campanello oltre allo zingaro, al negro e al drogato prima di togliere la catenella avrà da guardarsi da un nemico in più.

A chi ordina queste messe in scena vorrei dire che i destinatari di questi spettacoli, gli influenzabili, ce li siamo persi già dai tempi di Drive In, che per la riprova basta vedere alla voce "primo ministro italiano", e che ormai questi clienti fissi sono inamovibili, voteranno Berlusconi fino alla morte (o fino a quando qualcuno non insegnerà loro ad usare il pc) sono insomma uno zoccolo duro, li avrete alle prossime anche senza queste bieche sceneggiate.

L'unico risultato rammentabile a cui possono mirare questi cosiddetti Black Bloc è il riuscire prima o poi a fare un altro Carlo Giuliani o un'altra Giorgiana Masi, spezzare una vita per fidelizzare dei gonzi, non ne vale assolutissimamente la pena.

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13 ottobre 2011

Verso il 15 ottobre: le regole della comunità di Liberty Park

« Il movimento si è dato poche ma fondamentali norme. 
I manifestanti non nascondono mai il volto alle telecamere, dichiarando che il loro obiettivo è fare arrivare il messaggio. 
Quando qualcuno viene arrestato grida forte il proprio nome mentre viene portato via in modo che il gruppo di supporto legale possa occuparsi del suo rilascio. 
Altra regola importante: le assemblee sono orizzontali, autonome e senza leader, basate sul metodo del consenso. Come per il funzionamento decentralizzato di Internet: consenso generico e codice funzionante, con un occhio alle modalità delle proteste che avvengono nel resto del mondo. Ogni giorno prima dell'assemblea generale vengono spiegati i gesti da utilizzare per comunicare: mani alzate che si muovono per esprimere consenso, braccia alzate incrociate per esprimere disaccordo. Sono i segnali che chiudono, accettando o rifiutandolo, ogni intervento. Una decisione viene presa solo quando c'è il consenso unanime.»
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