La cronaca di qualche tempo fa ci presentava un affascinante parallelo, quello fra più ricco 1% che nella quasi totalità del mondo occidentale detiene gran parte della ricchezza del Paese, e del restante 99%, costretto a spartirsi la parte rimanente.
L'esistenza di questa distorsione è la prova tangibile della immaturità della nostra società, in cammino da più di duecento anni e non ancora in grado di sopraffare uno sparuto 1% in termini democratici.
Molto è da fare, basti pensare al "quarto potere" dei mezzi di informazione, spesso lontani dalle simmetrie informative, spesso costretti dagli editori al ruolo di creatori di consenso, guardiamo ad esempio i maggiori quotidiani nazionali, che da noi sono in mano a tre persone.
Si è parlato di azionariato diffuso, una ricetta semplice semplice per dare a ciascuna azienda che fa informazione una veste democratica differente dagli attuali Califfati.
Ma questo 1% è troppo forte, e noi, il restante 99% siamo professionalmente distratti dai nostri poteri, portati a credere che l'impegno civile sia tempo perso, e che il voto nel seggio non sia poi tanto importante.
Comunque in termini nominali sempre di un 1% si tratta, non parlo dei normali ricchi, dei professionisti col macchinone e la casa al mare, per il famoso 1% queste persone non sono distinguibili dal resto della massa.
Allora perché non fare un patto sociale? Perché non fare solidalizzare in una laica comunione d'intenti i ricchi con i piccoli borghesi e i proletari, per cancellare dalla faccia della terra questo inutile 1%, poi ognuno per conto suo.
Basterebbe poco, aggiungere una aliquota Irpef per i redditi altissimi: uno scaglione al 99% per il più ricco 1%.
Andrea Petrocchi
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