17 ottobre 2012

Scozia, Fiandre, Catalogna, emerge l'Europa dei popoli


«Al modificarsi di alcuni eventi io cambio il mio modo di pensare.» John Maynard Keynes
Dovremmo interrogarci circa alcuni dogmi stampati all'interno delle nostre consuetudini, e riflettere se il nostro modo di pensare non ci porti qualche volta fuori tempo rispetto agli aventi storici, cose che sembrano granitiche nella loro consistenza e che si rivelano invece fluide, che cambiano, in modo tanto impercettibile quanto inesorabile, ed alle conseguenze che questi fatti hanno sul nostro modo di vivere.

Che cosa accomuna la Scozia, le Fiandre e la Catalogna?

Al netto della xenofobia che ha deviato, ammorbandolo, il percorso della Lega Nord, se contestualizzassimo la vertenza federalista con quanto oggi chiesto da altre regioni europee, come appunto la Scozia, le Fiandre e la Catalogna, col bisogno di questi popoli di uscire dagli steccati angusti dei relativi Stati per sfociare nell'alveo dell'Europa, ansa scavata attraverso il novecento, inquadrando poi il tutto dal punto di vista economico, tralasciando l'ambito democratico (che seguirebbe) riflettendo sui benefici che la dissoluzione degli Stati porterebbe nelle tasche dei concittadini europei (come argomentano appunto scozzesi, fiamminghi e catalani) siamo ancora certi che quello federalista sia un percorso sbagliato?

Riguardo poi al nostro orgoglio patriottico, siamo sicuri che il toscano sia orgoglioso di essere italiano quanto di essere tale? Davvero il lombardo percepisce il siciliano o il campano come un fratello sotto alla stessa bandiera? E da quando? E i secoli di guerre che ci hanno insanguinato dal Medio Evo fino al Risorgimento? E i campanilismi fra città e città? E l'apartheid a cui sono stati sottoposti i nostri concittadini del sud che salivano al nord per lavorare, i cosiddetti "terroni", gli "altri" fino a quando "gli altri" non sono diventati gli albanesi, i magrebini ed il restante sud del mondo conseguente alla globalizzazione liberista?

Quanto del nostro collante nazionale è frutto della retorica? quanto è invece propaganda?

Dimentichiamo che l'essere umano è sottoposto all'orografia, e che questa è fatta di monti impervi e di roccia dura da scavare. Distanze notevoli, strade tortuose, esili ponti, che nei secoli hanno chiuso le generazioni che si sono succedute dentro alle valli, che si sono sviluppate in modo segregato, rispecchiandosi in usi differenti. E l'Italia è una terra dannatamente montuosa, Alpi, Appennini, isole. Credere nella esistenza dell'italiano è pura ipocrisia.

La Scozia, le Fiandre, la Catalogna, il nostro nord est, e tutte le altre realtà locali d'Europa, sono regioni popolate da genti differenti dalle popolazioni vicine sia per dialetti che per cultura. Questa è la realtà europea, e questo è quanto dovremmo valorizzare, non i lasciti delle compensazioni di guerra, linee dritte tracciate lungo meridiani e paralleli che nulla sanno dei popoli inscritti dentro a quei tracciati.

Il futuro dell'Europa potrebbe giocarsi sulla soppressione degli Stati sovrani, e sul passaggio a Stato federale di quello che oggi è l'ente sovranazionale. Alla fine di questo passaggio gli europei si sveglierebbero con una amministrazione in meno, e con tanti, tanti soldi in più da spendere in modo sociale, sarebbero i capitali rinvenienti dalla abolizione degli Stati, quelli che venivano macinati dentro a quelle amministrazioni, soldi utili per migliorare il quotidiano: non solo assistenza, asili, scuole, ospedali, infrastrutture, ma anche redditi di cittadinanza, di studio, soldi sufficienti per operare una rivoluzione copernicana negli stili di vita di tutti gli europei.

Basta la sedicente appartenenza ad un impalpabile orgoglio patriottico a fare da contrappeso a una vita migliore per tutti? C'è una colpa dietro al silenzio mediatico che incombe su questa alternativa?

Sarebbe l'Europa dei popoli, non quella dei burocrati. La immagino pienamente democratica, con una Costituzione federale che si specchia nelle identità regionali, libere di determinarsi nelle relative attuazioni.

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#Economia

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