Interessante punto di vista dello scrittore americano David Foster Wallace sull'aborto e sullo spinoso dibattito fra i pro-vita e i pro-scelta. L'ho trovato dentro a una sua raccolta di saggi intitolata "Considera l'aragosta" (Einaudi, 2006) non ho il libro sotto mano ma ho trovato un blog che ne riporta un ampio stralcio, è linkato in basso come al solito.
La riposta di DFW è di rappresentare entrambi, di essere pro-vita e pro-scelta allo stesso tempo, soggettivamente pro-vita e oggettivamente pro-scelta.
Perché? iniziamo affrontando la prospettiva dal punto di vista soggettivo. DFW, da persona ragionevole, ritiene che non si possa trovare il momento preciso in cui l'uovo fecondato diventa persona e che quindi in caso di dubbio irrisolvibile riguardo all’umanità o meno di una cosa è meglio non ucciderla (Io la farei più semplice, la vita potenziale è già vita in se, questo per il solo fatto che lo sviluppo del feto, se non interrotto, tende tranquillamente alla vita. Questo ovviamente per chi importa della mia opinione.)
Ciò nonostante DFW è oggettivamente pro-scelta, perché:
Per come la vedo io l'impianto è valido comunque, perché solo la gestante è in grado di percorrere le variabili personali che la portano a continuare o meno la gravidanza, percorsi interni che non sono condivisibili dalla restante comunità se non in modo ipocrita o superficiale.
Concludo sottolineando il fatto che qui non si discute fra pro-vita e pro-aborto, ma fra pro-vita e pro-scelta, non è la stessa cosa.
Si tratta di una scelta molto dura da prendere, che in un modo o nell'altro piega il corso di due vite. E' comunque assai saggio prendere le precauzioni necessarie a scongiurare il rischio di ritrovarsi un giorno o l'altro di fronte a un muro così alto.
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#aborto
#diritti
La riposta di DFW è di rappresentare entrambi, di essere pro-vita e pro-scelta allo stesso tempo, soggettivamente pro-vita e oggettivamente pro-scelta.
Perché? iniziamo affrontando la prospettiva dal punto di vista soggettivo. DFW, da persona ragionevole, ritiene che non si possa trovare il momento preciso in cui l'uovo fecondato diventa persona e che quindi in caso di dubbio irrisolvibile riguardo all’umanità o meno di una cosa è meglio non ucciderla (Io la farei più semplice, la vita potenziale è già vita in se, questo per il solo fatto che lo sviluppo del feto, se non interrotto, tende tranquillamente alla vita. Questo ovviamente per chi importa della mia opinione.)
Ciò nonostante DFW è oggettivamente pro-scelta, perché:
«In caso di dubbio irrisolvibile riguardo a qualcosa, io non ho il diritto né legale né morale di dire a un’altra persona cosa fare, specialmente se quella persona sente di non avere dubbi.»
Conclude DFW:
«Ogni volta che una mia conoscente decide di interrompere una gravidanza, devo credere che stia facendo la cosa sbagliata e allo stesso tempo che abbia tutto il diritto di farla.»Secondo me la parte finale del ragionamento, quel "sentire di non avere dubbi" zoppica un po, perché se è vero che una donna ragionevolmente non dovrebbe interrompere la gravidanza, l'interruzione la pone in automatico come persona irragionevole (continuando a percorrere questo discorso incontreremmo un sacco di ramificazioni che ci porterebbero fuori da questo contesto).
Per come la vedo io l'impianto è valido comunque, perché solo la gestante è in grado di percorrere le variabili personali che la portano a continuare o meno la gravidanza, percorsi interni che non sono condivisibili dalla restante comunità se non in modo ipocrita o superficiale.
Concludo sottolineando il fatto che qui non si discute fra pro-vita e pro-aborto, ma fra pro-vita e pro-scelta, non è la stessa cosa.
Si tratta di una scelta molto dura da prendere, che in un modo o nell'altro piega il corso di due vite. E' comunque assai saggio prendere le precauzioni necessarie a scongiurare il rischio di ritrovarsi un giorno o l'altro di fronte a un muro così alto.
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