10 giugno 2012

La riforma Dini, gli inizi della deriva liberista italiana

Il nostro sistema pensionistico è stato di fatto privatizzato nel 1995, con la (contro) Riforma Dini e il passaggio al sistema contributivo.

Con la firma di quell'atto gli italiani hanno voltato le spalle alla parità dei diritti ed hanno intrapreso la cupa deriva liberista che ci ha portato fino ai giorni nostri.

Riassumendo brevemente il cardine della riforma, per gli italiani che hanno iniziato a lavorare dal 1995 in poi l'erogazione della pensione pubblica sarà calcolata non più sul salario medio degli ultimi dieci anni ma in base a quanto versato alla Cassa durante la vita lavorativa, rivalutato col tasso di inflazione.

Il tasso di inflazione è un moltiplicatore fetente, perché che sia basso o che sia alto la sua performance viene annullata dai rincari dei prezzi.

Traducendo il tutto in chiave politica, quell'anno il signor Dini (oggi, bontà sua, sempre baldanzoso a vent'anni dai fatti) ha scisso gli italiani fra chi ha i capitali e si è comprato una pensione integrativa, e quindi approderà alla pensione con una erogazione extra, e chi, non avendo i capitali, con la pensione si vedrà arrivare anche un bel taglio del tenore di vita.

L'errore più grande che si può fare arrivati a questo punto è pensare che questa riforma sia stata necessaria per rimettere in traccia i conti dell'Inps.

Non che non sia vero, per carità, ma basta fare un altro passo per trovare questo approccio miope e/o capitalista.

Quella di porre una operazione algebrica (entrate meno uscite) come cardine del proprio ragionamento, porta a dimenticare che si sta parlando di persone, e all'interno della nostra carta costituzionale il secondo capoverso del terzo articolo ci obbliga a rimuovere gli ostacoli economici che limitano l'uguaglianza fra i cittadini.

Difatti Lamberto Dini, fine economista, membro dell'Fmi, direttore generale della Banca d'Italia, primo ministro di un governo tecnico (ma quante similitudini), ministro del tesoro durante la legislatura precedente, riassume in se tutti i connotati di chi oggi, in nome del freddo pareggio di bilancio, si dispone a dare un calcio nei denti ai padri della Costituzione.

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